Quello che noi non siamo
Per «Produzioni Ininterrotte», il festival dedicato alla letteratura del lavoro, ospite Gianni Biodillo con il suo libro ambientato negli anni Venti del Novecento.

Nell’Italia del ventennio, con tutte le contraddizioni del regime, vissero e operarono architetti e artisti di raro talento. Ci fu chi si dichiarò fascista della prima ora, chi lo avversò da subito, chi ne rimase indifferente, “all’italiana”. Molti di questi ragazzi (ché di ragazzi stiamo parlando) volevano fare una rivoluzione del gusto combattendo la loro battaglia delle idee contro l’accademismo centralista e romano. Negli anni molti di questi architetti presero coscienza che il regime non era emendabile. Le conseguenze di questa consapevolezza furono terribili: impazziti al rientro dalla guerra di Russia, fuggiaschi in Svizzera perché colpiti dalle leggi razziali, arrestati e torturati per le loro attività antifasciste, deportati e caduti nei campi di concentramento. La loro eredità non è solo quella materiale delle loro opere, ma anche nell’insegnamento di chi scelse da che parte della Storia schierarsi. Quella della democrazia.
Gianni Biondillo
Gianni Biondillo (Milano, 1966), narratore, architetto, psicogeografo. Ha esordito nel 2004 con il romanzo Per cosa si uccide, primo della lunga serie dedicata all’ispettore Ferraro. Ha scritto noir, romanzi storici, libri per l’infanzia, reportage, saggi, racconti. Con la sua attività letteraria ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Prix Violeta Negra (2014), il Premio Bergamo (2018), il Premio Dora Nera (2022) e il Premio Bagutta (2024) con il romanzo Quello che noi non siamo. Autore per il cinema, il teatro e la televisione, scrive su quotidiani e riviste nazionali articoli di tema artistico, letterario e politico. È tradotto in varie lingue europee. Il suo ultimo saggio è La costruzione del potere (2025).
Foto di Yuma Martellanz