Mezzogiorno di fuoco. Per una vecchia bici

Il ragazzo con la camicia bianca maniche lunghe è seduto all’ombra sui gradini della banca Carige in via Plinio. Appoggiata al muro una vecchia bici bianca, mezza scassata. Il termometro segna 37 gradi. Non si sente niente, neanche la voce dei turisti. Solo i rintocchi di mezzogiorno risuonano nella domenica torrida. Il sole schiaccia contro l’asfalto. Il ragazzo con la camicia bianca guarda nel vuoto.
Poi, all’improvviso, succede il finimondo.
«Dove hai preso quella bici?», gli urla il signore, che ha 80 anni, vive in viale Giulio Cesare e si chiama Benigno Bersan.
«Me l’ha lasciata un mio amico», risponde il ragazzo che si chiama Sevket Erbem, ha 18 anni, è di origine turca ma parla italiano alla perfezione e vive in centro.
«Chi ti ha detto di prenderla? Dove l’hai trovata. È mia chi ti ha dato il permesso di prenderla?».
«Ma non l’ho presa io - si difende il ragazzo -. L’ha presa un mio amico. Mi ha detto di curarla? Poi cosa vuoi, non ha neanche il lucchetto».
«Come ti permetti, chi ti ha detto di prenderla. L’avevo lasciata a San Donnino, torno e non la trovo più», va in crescendo il signore che alla fine si china sul ragazzo come se gliele volesse dare.
«Come si permette? - si alza in piedi di scatto Sevket -. Alzare le mani? Neanche mio padre alza le mani su di me.Come si permette? Poi non vede che la bici è un rottame».
«Ma a me va bene perchéla uso».
Ituristi sotto ai portici Plinio smettono di camminare di colpo. Scendono dal marciapiede e guardano tutti nella stessa direzione. Qualcuno scatta foto con il cellulare. Uno con l’Ipad. Il ragazzo e il signore sono uno di fronte all’altro. Si insultano.
«Cosa vuoi tu che hai cent’anni?»
«Cosa vuoi tu che prendi le cose degli altri».
Qualcuno li invita alla calma.
«Fate la pace che sono appena passati i vigili. Se tornano siete nei guai».
Ivigili tornano e i due sono nei guai. Il giovane turco esige delle scuse. «Mi ha colpito. Nessuno mi mette le mani addosso».
Intanto sul sopracciglio sinistro gli cresce un bel bernoccolo con un taglio. Segno che Bersan non gliele ha solo «misurate» come dice lui, ma è andato proprio a segno. Nessuno dei due vuol fare la pace, anche se è chiaro che più passa il tempo, più rischiano di finire nei guai entrambi.
Un passante interviene: «Scusate, sono qui in ferie, ma sono un legale. Vorrei far notare che se il giovane ha trovato la bici senza lucchetto è legittimato a pensare che si trattasse di res publica».
Il bernoccolo cresce sempre di più. E nessuno dei due contendenti sbollisce la rabbia.
Arrivano i carabinieri, li prendono da parte uno alla volta e fanno un bel discorsetto a ciascuno dei due. Arriva un’altra vigilessa. Altro discorsetto.
Il discorsetto è anche piuttosto preoccupante. Perché il ragazzo rischia una denuncia per ricettazione che, dice un carabiniere, è anche peggio del furto.
Il problema è che Sevket non conosce il nome e non ha il numero di cellulare del conoscente che gli ha affidato la bici. «È qui in giro, arriverà».
«Cosa vuole che mi succeda», dice Bersan con tutti i problemi che ci sono.
La situazione avrebbe consigliato una stretta di mano  e un «via andare» veloci. Ma la cosa va troppo per le lunghe.
Un’ora dopo sono ancora lì davanti al Foot Locker all’ombra perché il sole ammazza.
Solo a quel punto il ragazzo capisce che è meglio stringere la mano. Il signore pure. E finalmente arriva il segno della pace. «Non stringere - dice il ragazzo -. Sta stringendo troppo». «Lo lasci», intima un vigile e quasi ricominciano a litigare.
Tutto farebbe pensare che la rissa sia sedata, che l’ottantenne possa tornare a casa per il pranzo «dopo questo mezzogiorno di fuoco» come lui stesso dice. Ma non va così. Siccome la ricettazione è un reato sul quale, secondo i carabinieri, non si può chiudere un occhio neanche se si tratta di una vecchia bici, la giustizia prende il posto del buon senso. Il ragazzo viene portato al comando dei vigili. Al signore viene detto «lei ci segua in bicicletta». Forse era meglio stringersi la mano subito.
Anna Savini

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