Se nel parcheggio c'è lo spreco dei soldi

Tra i tanti misteri della storia recente di questa strana città c'è anche quello che riguarda l'autosilo in Val Mulini. Lo inaugurarono nel febbraio del 2006 dopo averci lavorato quattro anni sotto la regìa dell'(allora) onnipresente assessore Caradonna, uno che ovunque ci fosse una cazzuola in genere lì c'era anche lui.
Lo volle fortissimamente, l'assessore, e con lui lo vollero il sindaco e la giunta e il consiglio, benché già si sapesse che quei sei piani avvolti a spirale verso il cielo sopra via Napoleona, la causa la avrebbero servita per poco. Quattro anni più tardi, il trasloco dell'ospedale sancì infatti l'epilogo puntuale e fatale dell'operazione, uno scherzo costato 11 milioni di euro, cinque dei quali prelevati dalle casse del Comune.
Oggi l'autosilo produce numeri ridicoli. Accoglie le poche auto dei pochi utenti degli ambulatori rimasti in Napoleona e costringe Csu, l'ente che lo gestisce per conto del Comune, a riversarvi diverse centinaia di migliaia di euro all'anno a fondo praticamente perduto, per pagare personale e spese.
Per l'amministrazione si tratta di una ennesima débacle, peraltro più grave rispetto ad altre, visto che questo epilogo era noto fin da allora, fin da quando fu posta la prima pietra. Ma al di là delle recriminazioni sull'operato di giunta e consiglio attuali, la vera riflessione riguarda, oggi, il ruolo di questa cattedrale, che avrebbe senso soltanto se diventasse davvero l'architrave di un sistema integrato di trasporto, quale era, per esempio, il progetto di metrotranvia, contenuto nel programma elettorale di Stefano Bruni e smarrito lungo la strada. Il vero punto di forza di questi sei piani di posteggi è tuttora la loro prossimità alla linea ferroviaria, ragione per la quale, in origine, si era pensato di realizzare qui una delle fermate della metrotranvia, in base a un progetto che prevedeva, come molti ricorderanno, di realizzare un collegamento snello e veloce tra quella che a quel punto sarebbe diventata l'ultima stazione ferroviaria (Camerlata) e il centro città, sia Como lago, sia Como San Giovanni. La metrotranvia resta, alle soglie del 2012, uno dei punti forti di un progetto di città che nel tempo si è allontanato, a braccetto con il naufragio dell'operazione Ticosa, con quello della contestatissima stazione unica, che tanto piaceva ad Alberto Botta, con quello della cosiddetta Borgovico Bis, la strada che avrebbe dovuto consentire di alleggerire i carichi di traffico verso la Svizzera (magari con il tunnel, ricordate?) e restituire ossigeno alla convalle.
Di tutti queste ambizioni urbanistiche non resta nulla, se non forse qualche progetto, chiuso nei cassetti degli uffici tecnici. Lo ha ribadito anche ieri Giuseppe Biesuz, l'amministratore delegato di Trenord, in visita a La Provincia (ne diamo conto a pagina 17): «Se non si stanziano le risorse qualsiasi progetto è solo un esercizio scolastico». E allora? E allora l'autosilo resta lì, ennesimo monumento, come se non ne avessimo già una collezione, alla nostra inettitudine, anzi: alla nostra irrefrenabile attitudine a metterci sempre nei guai. Ha ragione il presidente di Csu: piuttosto che mantenerlo così, e buttarci tanto denaro, meglio sarebbe abbatterlo. Per quei 200mila euro che ci bruciamo ogni anno, di questi tempi troveremmo anche qualcuno disposto ad abbatterlo a mani nude.

Stefano Ferrari

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