Industria, rallenta la ripresa
A Como la crisi sarà più pesante

L'analisi e le previsioni per l'economia nel 2008
Industriali e sindacato: paghiamo troppi ritardi

Como - Rischio recessione su Como? Per qualcuno non è un’ipotesi del tutto irreale. Anzi, a supportarla ci sono i risultati di una ricerca sulle congiunture e le economie locali appena pubblicata dall’Istituto statistico Tagliacarne.
Da una rilevazione della produttività delle 103 province italiane, infatti, Como si ritrova a ricoprire il ventitreesimo posto in classifica. E nello specifico rientra nel gruppo delle prime 42, in cui l’inversione economica nazionale, ovvero la crescita attesa per il 2008 - prevista su livelli minimi dello 0,6% - , avrà un «alto impatto».
Per dirla in altre parole, il rallentamento della ripresa economica su base nazionale avrà ripercussioni dirette anche sul nostro territorio. Certamente più di quelle che registreranno Varese, Lecco e Sondrio, che invece si posizionano rispettivamente al trentacinquesimo, quarantesimo e quarantaduesimo posto. Più lontane, anche se direttamente coinvolte, dal rischio stagnazione.
Insomma, Como è più esposta alla crisi rispetto a quanto non lo siano le province limitrofe. Il perché, è sempre la ricerca a fornirlo. Basta scorrere gli elementi di valutazione. A incidere sulle performance produttive ci sono diversi aspetti: in primo luogo le specializzazioni di settore raggiunte negli ultimi dieci anni, ma anche la forte incidenza del manifatturiero, dei servizi e il livello di internazionalizzazione. Tutti elementi i  cui evidentemente Como non la fa da padrone.
C’è da sorprendersi? «E’ un problema con cui ci troviamo a fare i conti da diversi anni ormai - dice Fausto Tagliabue, segretario generale Cisl, che non si dimostra affatto sorpreso dei risultati della rilevazione -. Dipendiamo di fatto dal manifatturiero tradizionale e quindi siamo direttamente esposti alla concorrenza e alla globalizzazione». «Non mi sembra si possa dire però - aggiunge - che la nostra provincia rispetto alla fascia pedemontana abbia performance migliori o peggiori». «Mi pare piuttosto - conclude - che i problemi siano comuni, non è che da noi il manifatturiero vive una fase catastrofica e altrove invece faccia faville, è un fenomeno che investe tutta l’area del Nord».
Di sicuro però l’indagine dell’istituto Tagliacarne denuncia una scarsa capacità del tessuto economico provinciale di reinventarsi, dando il via a settori innovativi e diversificati, in grado di porsi come alternativa a quelli tradizionali, sotto il tiro della concorrenza internazionale.
Scarsa abilità di conversione? «E’ vero che Como resta un po’ schiacciata tra Milano e Lugano - aggiunge Tagliabue - ma è anche vero che dovremmo puntare di più a settori che potrebbero caratterizzarci, sfruttando anche le potenzialità del nostro territorio, a cominciare dal turismo, per finire con i servizi alla persona».
Il caso comasco però non è certo isolato. Intanto perché a dare risultati ben peggiori ci sono province come Venezia, Lucca e Prato, ai primi tre posti del gruppo dei 42 per cui si stima che il rallentamento economico nazionale avrà «un alto impatto». Gruppo che di per sé annovera le realtà più popolate e produttive del Nord, da Milano (al quinto posto), a Trieste, Treviso, Genova, Bologna, Modena, Trento, Alessandria, Firenze e così via. Quel gruppo che a tutt’oggi si considera essere «trainante» per l’economia nazionale e che infatti pesa per il 59,3% sul Pil totale italiano, per il 64,4% sull’export nazionale e per il 56,4% invece sulla popolazione complessiva.
Previsioni nere, insomma, per tutte le realtà più industrializzate, Como inclusa. Più delle vicine province concorrenti.
Chiara Sirna

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