La Casa di cura friulana accusa:
"Su Eluana Sacconi intimidisce"

Secondo il sostituto procuratore generale della Cassazione, Marcello Matera l'atto d'indirizzo di Sacconi non può vanificare l'applicazione di una sentenza. Il magistrato arriva a ipotizzare anche l'uso della forza pubblica. E la clinica Città di Udine denuncia: intimiditi da Sacconi

"L'atto amministrativo del ministro Sacconi non può vanificare l'esecuzione della sentenza".
Sulla vicenda della ragazza lecchese in coma da quasi 17 anni interviene il sostituto procuratore generale della Cassazione, Marcello Matera il quale, in sostanza sostiene che se da un lato la disposizione richiama a norme di comportamento le strutture sanitarie, dlal'altro però non può impedire quanto la sentenza della corte d'appello di Milano, poi confermata in Cassazione, ha previsto: ovvero il distacco del sondino per la nutrizione.
Ma dopo lo stop del trasferimento di Eluana alla Casa di cura "Città di Udine" che si è detta disponibile a dar corso alla sentenza, divampa lo scontro giuridico.
Secondo Matera comunque, se non ci fosse alcuna struttura disposta ad accogliere la ragazza - e la decisione, ha precisato, è affidata al senso dio responsabilità di ciascuna clinica o ospedale - si potrebbe anche ricorrere alla forza pubblica per far eseguire la sentenza. Ma, anche in questo caso, la decisione di ricorrere alla polizia spetterebbe alla famiglia Englaro.

Intanto da Udine parte una dura denuncia. Secondo l'amministratore delegato della clinica Claudio Riccobon  l'atto d'indirizzo di Sacconi è una intimidazione.
Riccobon ha letto un comunicato nel quale, dopo aver stigmatizzato le prese di posizione di Sacconi, ha ricordato che la struttura si è impegnata a dare aiuto nell'applicazione di un "decreto inoppugnabile e definitivo". "Non ci sono parole - ha proseguito Riccobon - per commentare un simile atto". Secondo il manager il ministro avrebbe dovuto comportarsi "in maniera diversa, più adeguata al ruolo che gli è stato affidato dal governo".
La palla passa ora alla Regione Friuli alla quale la clinica ha chiesto un'assunzione di responsabilità anche per non subire le eventuali conseguenze di un no al provvedimento del ministro del Welfare. Il presidente della giunta ha più volte mostrato comprensione per la disponibilità della clinica, ma deve fare i conti con la sua coalizione - di centrodestra - che in gran parte è contro la decisione della famiglia Englaro.  
La casa di cura Città di Udine è pronta e ribadisce che tutti i passaggi sono stati fissati in un protocollo d'intesa con gli Englaro. Il protocollo, che fissa competenze, modalità e responsabilità, varrà 15 giorni dal distacco del siondino e alla fine è prevista l'autopsia. Per l'applicazione  è prevista una equipe di volontari di 20-25 persone e l'assistenza sarà garantita 24 ore su 24.

Il blitz di Sacconi
Cosa si prevede nel provvedimento del ministro del Welfare? 
Semplice: in qualsiasi struttura del Servizio sanitario pubblico, sia essa pubblica, convenzionata o privata abilitata, non è possibile interrompere idratazione e nutrizione ai pazienti che si trovano in stato vegetativo. Unica deroga, il fatto che questi trattamenti che non sono considerati «medicali ma di assistenza» vengano rifiutati dal fisico del malato.

Atto basato sulla Costituzione
L'atto amministrativo di Sacconi è stato inviato a tutte le Regioni italiane e che tiene conto del parere del Comitato nazionale per la bioetica, della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità dell'Onu e dell'articolo 32 della Costituzione italiana.
Gli effetti di questo provvedimento sono evidenti sul caso di Eluana Englaro, anche se Sacconi ha ribadito più volte che «si tratta di un atto di ricognizione generale per fare chiarezza: era nostro dovere compierlo per non essere farisaici, non considerando l'incertezza che si sarebbe determinata nelle strutture del Servizio sanitario nazionale».

"Illegale non rispettare l'atto"
Le strutture che non si attengono a questo provvedimento compiono «un'illegalità», ha aggiunto Sacconi.
La conseguenza - indiretta ma essenziale e della quale il ministero non può certo dirsi all'oscuro - è che in base a questo atto non sarà possibile interrompere l'alimentazione e l'idratazione per Eluana Englaro in strutture appartenenti al Servizio sanitario nazionale.
«Nel decreto della Corte d'appello del resto - ha sottolineato il sottosegretario Eugenio Roccella, non si parla di strutture pubbliche. Si danno delle indicazioni su un singolo caso ma non c'è il riconoscimento di un diritto».

Il legale: "Provvedimento senza efficacia"
Secondo il legale della famiglia Englaro l'atto non ha alcun effetto visto che alla base della scelta della famiglia vi è una sentenza: "Un'intimidazione" è il giudizio dell'avvocato. Tuttavia il provvedimento del giudice non obbliga alcuna struttura a staccare il sondino e, dal canto suo, un ospedale o una casa di cura privata a questo punto devono assumersi la responsabilità di non osservare l'atto d'indirizzo. Per il ministro sarebbe una scelta "contra legem", quindi illegale. Ma sull'interpretazione si apre un'altra battaglia giuridica.

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