Cantù, c’è da “salvare”
il soldato Clark

Il tiro decisivo fallito nel supplementare con la Fortitudo è solo un episodio, il problema vero è il rendimento

Ma che diavolo sta succedendo a Wes Clark? La domanda sorge spontanea come avrebbe suggerito Antonio Lubrano poiché il playmaker dell’Acqua San Bernardo sembra attraversare un prolungato momento di “down”. Lasciamo perdere l’ultimo tiro che si è preso sulla sirena del supplementare domenica contro la Fortitudo - quello che in caso di trasformazione sarebbe valso il prolungamento della sfida al secondo tempo supplementare - perché ci sta che si possa anche non far canestro. E sarebbe ingeneroso attribuirgli la responsabilità della sconfitta soltanto per l’infelice esito della sua iniziativa.

Semmai ci si potrebbe interrogare sul perché sia stato proprio lui ad assumersi un tale peso alla luce del pregresso, se non fosse che la spiegazione viene fornita dall’allenatore Cesare Pancotto. «Quel tiro se l’è preso Clark, ma in precedenza in situazioni analoghe allo scadere dei 24” erano stati Collins e Young a sbagliare. Loro (e per loro allude alla Fortitudo, ndr) una conclusione analoga l’hanno presa con Leunen: ebbene, questa è la risposta. Noi non abbiamo giocatori importanti, ma di sviluppo. E non c’è un colpevole quando si gioca a pallacanestro, ma ci sono errori e quando ci sono alziamo la mano. Se poniamo sulla graticola i presunti colpevoli non ne veniamo fuori, se invece ragioniamo sugli errori, rimboccandoci le maniche, forse questa squadra darà ancora tante soddisfazioni».

Al di là di quell’ultimo tiro, il “problema-Clark” è diverso. Se vogliamo, anche più serio e complicato. Nell’ultimo trittico di partite - quello con avversarie (Roma, Pistoia, Fortitudo) ritenute se non proprio tutte delle stessa fascia di Cantù, di sicuro alla portata della stessa squadra brianzola - l’ormai prossimo 25enne (il compleanno è il 12 dicembre) ha avuto percentuali pessime al tiro. Tipo: 4/19 contro la Virtus, 8/18 in Toscana, 2/14 contro la F. Il totale fa 14/51. Che tradotto significa circa il 27%. Un dato largamente insufficiente. Anche ampliando la prospettiva all’intero primo scorcio di stagione, le sue percentuali restano assai modeste: il 36.4% da 2 e il 20.5% nelle triple. Quanto ai punti, la media non raggiunge la doppia cifra (9.5). E stecca pure in quello che si è sempre ritenuto il suo pezzo forte vale a dire l’arresto e tiro dentro l’area.

L’aggravante è che, pur essendone il regista, Clark non riesce neppure a far giocare la squadra, a mettere insomma in condizione i compagni di poter far canestro. La palla resta troppo ferma nelle sue mani e i secondi in palleggio si sprecano a scapito dell’“armonia” di gioco. Un ulteriore inasprimento delle difficoltà risiede nel fatto che il giocatore era stato scelto quale sorta di “capo branco”, colui il quale avrebbe dovuto se non proprio trascinare quantomeno coinvolgere in maniera molto decisa i compagni. Sin qui, invece, nulla di tutto ciò.

Ma il club, così come lo stesso allenatore, è conscio che - alla luce del carattere del giocatore che ha vissuto un momento di disagio analogo la scorsa stagione a Brindisi al rientro in squadra dopo l’infortunio - per “svegliarlo” non vada preso di punta perché si finirebbe per ottenere l’effetto contrario. Wes, infatti, è uno che ha bisogno di sentire fiducia attorno a sé.

Tra l’altro, chi lo conosce un po’ più in profondità, è pronto a scommettere che questo momento infelice sia anche da mettere in relazione con il dolore che ancora prova per la recente scomparsa dell’amato zio che egli ha sempre considerato come un secondo padre. E la cui mancanza lo intristisce e immalinconisce.

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