Lanzi, storia di Cantù
«La mia vita per il club»

«Sono entrato in Pallacanestro che avevo 19 anni. A 22 fu proprio Roberto, con Gianni Corsolini, a dirmi che avrebbero puntato su di me»

Sfogli l’album dei ricordi e ti accorgi che, in pratica, oltre ai capelli un po’ più grigi, la differenza sta giusto negli occhiali. Sta invecchiando (ma a vederlo non si direbbe) molto bene Andrea Lanzi, lo storico massofisioterapista della Pallacanestro Cantù.

Dalle sue mani (è proprio il caso di dirlo) sono passati generazioni di campioni, moltissimi giovani e qualche meteora. Ora, vederlo ancora in prima fila con Roberto Allievi, Bruno Arrigoni e Fabrizio Frates, è come fare un viaggio all’indietro nel tempo.

«Ma davvero - dice lui - alla famiglia Allievi devo tutto. Sono entrato in Pallacanestro che avevo 19 anni. A 22 fu proprio Roberto, con Gianni Corsolini, a dirmi che avrebbero puntato su di me».

E - a parte una breve parentesi negli anni di Gerasimenko, quando decise di abbandonare - il filo della continuità non si è mai interrotto. «Fabrizio Frates? Abbiamo cominciato dalle giovanili, poi quando ha fatto l’assistente di Carlo (Recalcati, nda) dormivamo in stanza insieme. Infine il trionfo in Korac e il suo ritorno: c’ero sempre».

E adesso l’ennesimo rientro alla base. «Vi svelo un retroscena, ci siamo visti un mesetto fa. Gli dissi: “Che bello sarebbe se tornassi”. Lui rispose: “Per Cantù ci sono sempre”. E così è stato. Nessuno ha la bacchetta magica, ma in pochi conoscono come lui la realtà della Legadue: le piazze, i giocatori, le situazioni. Non sarà semplice, ma già affidarsi a Fabrizio è un bel segnale».

Così come la promozione sul campo di Bruno Arrigoni. «Lui è il tuttologo della situazione. Che può sostenere qualsiasi tipo di discussione: dalle giacche troppo corte dell’outfit a cosa mangiare. Ho incrociato Lorena Broggi, l’altro giorno, e con lei ho ricordato tutte queste cose. Io ho conosciuto e vissuto Bruno in tutti i suoi ruolo: l’assistente, il capo allenatore dopo Diaz Miguel, il manager e ora il consigliere di amministrazione. Tutti ruoli che gli calzano a pennello».

Sta cambiando il vento e lui, da uomo che va per monti, sa come fiutare l’aria. «Il clima è molto buono, peccato per la retrocessione. Bastava forse una palla andata dentro e un paio di risultati o tre, anche delle altre, diversi. Abbiamo avuto un po’ di sfiga. Ora? Ora non è detto che sia così necessario avere la A a tutti i costi. Sono davvero combattuto. Anche perché è più difficile salire, forse, che salvarsi. Ma noi avremmo un bel budget, e potrebbe contare. E soprattutto Andrea (Mauri, il genero, ndr) e i dirigenti sono stati bravi a tranquillizzare l’ambiente».

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