Quando Gaines era “Sdeng”
Ma poi diventò un cecchino

Dopo annate deludenti in Italia a Cantù fece una grande stagione. Adesso si ripresenta come il salvatore della patria

«Tornare a giocare in Italia era un mio desiderio, alle persone che ho deluso voglio dimostrare che posso giocare e fare bene in questo campionato, il mio obiettivo è diventare uno dei migliori esterni della prossima Serie A». Così diceva Frank Gaines all’epoca del primo tesseramento con Cantù nel 2018 e non tradì le attese, diventando non uno dei migliori, ma il migliore esterno in termini di punti della serie A.

Era reduce da un’ottima stagione nel campionato russo, ma aveva già giocato in Italia, nel 2014/15, con Caserta e Pesaro, ma senza lasciare segni: «La serie A era davvero molto competitiva, mentre io ero un rookie inesperto che non sapeva cosa aspettarsi da un campionato del genere».

Arrivò a Cantù, il suo ingaggio inizialmente non convinse gli scettici che ricordavano quell’annata infelice in Italia, quando a furia di triple sbagliate i maligni gli affibbiarono il soprannome “Sdeng”, onomatopea del pallone che sbatte sul ferro. Ma era diventato un alitro giocatore. Maturo, completo e ormai a suo agio lontano dal college.

Fece innamorare ben presto i tifosi canturini, soprattutto grazie alle sue triple, il suo marchio di fabbrica. In quella stagione complicata, con la società a un passo dalla scomparsa - prima dell’intervento provvidenziale dello sponsor Acqua San Bernardo -, non si fece attirare da altre sirene e, oltre a 20.3 punti di media, in campionato totalizzò anche 3.2 rimbalzi e 2.6 assist in 30 partite di Lba, laureandosi in quella stagione miglior realizzatore del campionato. Un’impresa riuscita, a un giocatore ella Pallacanestro Cantù, solo nella notte dei tempi all’americano di origini croate Tony Vlastelica, nel 1958.

© RIPRODUZIONE RISERVATA