Frates tornato a casa
«Tornare subito in A»

«Mi ricordo quando mi diedero la squadra tanti ani fa, questa offerta è stata simile per la sorpresa»

icomincia da tre. Soprattutto ricomincia da qui. Secondo ritorno a Cantù, terza esperienza. Un milanista incallito come lui, Adriano Galliani da Monza, come ha fatto da Kakà in avanti, farebbe partire il “certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”.

Fabrizio Frates è il nuovo direttore tecnico della Pallacanestro Cantù. E da tale sta già pensando e operando.

Cantù, un po’ come l’amore, è?

Cantù è casa. Torno a casa. Inaspettatamente. Perché tale è stata la chiamata di Roberto Allievi. Per chiedere la disponibilità a dare una mano, vista la mia conoscenza della Legadue. Che ho seguito, e seguo, tantissimo da telecronista. Che ho vissuto sul campo e giocato.

Torna nel momento in cui ci sarà più da fare.

C’è sempre tanto da fare. Sarà un lavoro importantissimo. Con il chiodo fisso di riportare al più presto Cantù là dove deve stare.

Ci ha tanto colpiti il suo pensiero per la famiglia Allievi.

Ma è così. Questa è storia. È la mia storia. Al signor Aldo, che di concerto con Roberto e Gianni Corsolini mi scelse, devo tutto. Senza retorica. Perché non so quanti in quel momento, con Charlie (Recalcati, ndr) che stava andando a Reggio Calabria, avrebbero preso una decisione del genere, affidandosi all’assistente junior.

Invece...

Invece, guarda il caso, proprio Roberto mi convocò a Santa Margherita Ligure. Io arrivavo da San Vincenzo, dove stavo partecipando a un super stage di istruttori del settore giovanile. Lo raggiunsi e mi disse che mi avrebbero affidato la squadra. Non so cosa sarebbe successo della mia vita senza quel momento: probabilmente avrei fatto per sempre l’architetto oppure sarei diventato lo stesso capo allenatore quattro o cinque anni dopo. Di sicuro la loro fu una scelta coraggiosa, quella di dare una squadra di gente esperta e navigata a un trentenne. E io non mo lo dimentico.

Quanto ci mise a rispondere ad Allievi junior?

Dieci secondi meno di questa volta. Fu un autentico fulmine a cielo sereno. Io passavo il tempo leggendo la Gazzetta per vedere quale sarebbe stato il mio nuovo capo allenatore: si parlava di Novosel, De Sisti e addirittura Mike Fratello. Mai e poi mai ci sarebbe stato spazio per un Frates qualunque.

E stavolta?

Un’altra sorpresa. In un ruolo nuovo, che in società non c’era.

Appunto: direttore tecnico. Che significa?

Fare da cuscinetto tra l’area tecnica e il management societario. Da una parte avrò il gm Daniele Della Fiori e la struttura, dall’altra Marco Sodini e lo staff tecnico. In più, visto che mi ritengo ancora e sempre uomo di campo, starò in palestra tutti i giorni, vivrò la squadra e andrò in panchina. Mi sento un Bruno Arrigoni 2.0.

E a proposito di Arrigoni, un caso che lei sia rientrato nel momento in cui lui ha fatto esordio nel cda del club?

Direi di no. Anzi non escludo che abbia contribuito nella scelta, relazionandosi con la società. Dal 1990 siamo amici veri, lui che da mio tutor è riuscito a diventare uno dei manager più stimati. Vorrei tanto ripercorrere la sua carriera.

Ci sta dicendo che si vede già dietro a una scrivania?

No. Io sono ancora molto giovane e mi piace troppo vivere il campo, mettendo a disposizione l’esperienza.

Sarà anche una sorta di mentore tecnico esperto.

Che ricordi ha dei suoi vice a Cantù?

La prima volta c’erano Bruno stesso e Pino Sacripanti, la seconda Dionigi Cappelletti e Sergio Borghi, con Arrigoni passato al ruolo di ds. Ottimi rapporti con tutti, ancora ci si sente.

E in carriera annovera una serie di assistenti importanti...

Che, soprattutto, da capo allenatori sono diventati tutti più bravi di me: Pianigiani, Menetti, Sacripanti... Gente che ha vinto scudetti, coppe e medaglie. A loro sono molto legato e mi auguro che sia reciproco. Di certo mi riempio di orgoglio quando ancora oggi li incrocio in palestra.

Il presidente Allievi, non più tardi di lunedì, ha ribadito che Cantù è una squadra di A2 e deve pensare a un percorso per l’A2. Condivide?

Assolutamente sì. Anche perché i due mercati sono totalmente differenti. Quello della Legadue è da esplorare adesso, cominciando subito e rispettando le indicazioni che ci arriveranno dalla società. Perché se è vero che per gli americani bravi puoi anche aspettare luglio, per gli italiani bisogna muoversi con velocità. Quelli buoni non sono mica tanto.

Voi in che condizione siete?

A oggi abbiamo sicuramente Bayehe. Poi c’è Procida. Che sogniamo di poter tenere. Che vogliamo tenere. Abbiamo proposto a lui un progetto di crescita molto interessante, ma sappiamo benissimo che può scegliere di lasciarci. È uno dei nodi che dovremo risolvere, perché, e lo ripeto, prima arriva la scelta degli italiani, poi potremo dedicarci anche agli americani.

Marco Sodini per lei è?

Una conoscenza approfondita, visto che abbiamo fatto tanto insieme anche nel lavoro per la categoria. Lo conosco bene, dunque. Ha motivazioni fortissime, le stesse che lo hanno riportato a Cantù. È un allenatore moderno e creativo. Bisognerà costruire una squadra secondo i suoi dettami. Dire che sarà da accontentare mi sembra brutto, chiarissimo che bisognerà tenere conto del suo modo di giocare.

Anche a lei ne avrà parlato benissimo Recalcati...

Carlo ci ha avuto entrambi. E penso che abbia avuto un ruolo abbastanza importante nella scelta. A lui devo tantissimo, sono sicuro che anche Marco gli debba essere riconoscente. Per tutti e due è un riferimento e a quando ha saputo che c’era la possibilità del ritorno ci ha sostenuto.

Facile o difficile tornare subito in A?

Difficilissimo, ma noi abbiamo l’obbligo di provarci subito. Il campionato è durissimo, allestire un roster subito competitivo non sarà facile, ma tornare deve essere il nostro unico obiettivo. La mission di quest’anno. Lo sappia bene chi verrà qui a giocare.

Lei la Lega la conosce benissimo.

Eccome. Anche a Gorizia salimmo al secondo anno dopo aver assestato la squadra. Immaginatevi qui con 8 o 9 giocatori da inserire...

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