«Il Covid mi ha segnato
ma ora mi sono ripreso»

Intervista con Andrea Pecchia, ala piccola della Pallacanestro Cantù.

Non andava in doppia cifra alla voce “valutazione”da ben cinque partite e nelle ultime nove gare ci è riuscito solo un paio di volte. Non che i numeri dicano tutto, ma per uno come lui che fa del riempire praticamente tutte le caselle dello scout una ragione di vita, stare basso nella valutazione è sintomo di qualcosa che non gira come dovrebbe. Domenica contro la Virtus Bologna ha però offerto segnali importanti, Andrea Pecchia, l’ala piccola titolare dell’Acqua S. Bernardo che sta viaggiando a 6.3 punti e 5.3 rimbalzi in 24.5 minuti di media. Con il 54% al tiro da 2, il 16.7% da 3 e il 75% dalla lunetta.

Si sente ora fisicamente “ritrovato”?

In effetti, ho recuperato pressoché integralmente anche perché riesco ad allenarmi con continuità e questo aumenta sia la fiducia tecnica sia quella fisica.

Il Covid, per quanto le compete, è ormai decisamente alle spalle, eppure l’impressione è che l’abbia segnata.

Vero, non è stato facile ripigliarsi. E lo ribadisco a beneficio di coloro che restano scettici nei confronti del coronavirus: guardate che non è una passeggiata. Ho perso diversi chili, oltre alla forma e al ritmo partita che ho davvero fatto fatica a recuperare.

Potrebbe proporre un paragone tra la scorsa e l’attuale stagione per quel che la riguarda?

No, perché questa è un’annata del tutto particolare per via della pandemia.

Un punto in comune però lo si può ravvisare: una volta soltanto, ora come allora, non è entrato in quintetto base. Che significa?

Partire nei “cinque” mi dà senza dubbio più fiducia e rappresenta uno stimolo in più. Ma se anche dovessi iniziare la partita in panchina, certo non mi abbatterei. Del resto, più che far parte del quintetto iniziale è decisamente più rilevante essere in campo in quello che termina la gara.

Curioso che lei sia andato in doppia cifra due volte sia per quanto riguarda i punti realizzati sia per quel che concerne i rimbalzi catturati: per un’ala piccola il bottino realizzativo è in rosso, mentre quello dei rimbalzi è decisamente in attivo. È d’accordo?

Cerco di fare il massimo per riempire al meglio le caselle delle statistiche e soprattutto di rendermi utile il più possibile alla squadra. Altro non saprei.

Non crede, tuttavia, che un “3” dovrebbe avere un tiro da 3 più credibile del suo per ricoprire al meglio il ruolo? Al momento ci sono infatti solo 4 triple a bersaglio e una percentuale deficitaria del 16.7%.

Vero, per dare una maggiore credibilità all’interpretazione del mio ruolo dovrei segnare di più da oltre l’arco dei 6.75, ma non è questa una problematica che mi assilla e dalla quale mi lascio sopraffare. Io sto continuando a lavorarci molto in allenamento e prima o poi i frutti si vedranno.

Ampliamo l’orizzonte: com’è cambiata Cantù dopo che Gaines ha avvicendato Woodard?

Detto che sono dispiaciuto per James, brava persona e buon giocatore, Frank ha portato una maggior esperienza, nel senso che sa ciò che serve per far riuscire a vincere la squadra. E poi è innegabile che si tratti di un top scorer.

In parte contro Sassari e decisamente di più contro Bologna, nella S.Bernardo si sono ravvisati sensibili miglioramenti. Concorda?

Ci stiamo allenando molto bene e in genere quando la settimana “funziona”, la partita ne diventa lo specchio.

Eppure ci sarà da darsi da fare parecchio per conquistare la salvezza.

La classifica è corta, con molte squadre racchiuse in pochi punti. Per questo non ne farei un’eventualità che riguarda soltanto noi e Varese. E poi c’è sempre di mezzo il Covid, in grado di rimescolare le carte in qualsiasi momento. Per cui fare previsioni è solo un azzardo. Più in generale, mi sembra un campionato bello e affascinante, oltre che strano per le ragioni che ho già segnalato. E comunque, di questa Cantù io mi fiderei.

In attesa della “madre” di tutte le partite di quest’anno quale sembra annunciarsi quella del 31 gennaio con Varese, domenica farete tappa a Pesaro.

Pesaro sta giocando da grande squadra, guidata da un grande allenatore e credo che l’aver raggiunto le Final Eight non sia stato affatto casuale. Ciò detto, noi andremo da loro per vincere perché ne abbiamo le capacità.

Nei palazzetti è da un po’ che manca il pubblico e quasi ci si sta abituando, ma per voi giocatori che significa l’assenza dei tifosi?

Il pubblico è una componente fondamentale del nostro gioco e il tifo ti carica, accentuando la dose di adrenalina in corpo. E riempie la prestazione di energia. Un canestro con fallo, una tripla, un’efficace giocata difensiva hanno una sottolineatura speciale quando ci sono i tifosi. E anche in trasferta, manca quella tensione positiva che riescono a trasmetterti certe partite e taluni palazzi.

Non si tratta di un unicum in questo campionato che uno stesso ruolo sia coperto da due giocatori italiani, eppure è abbastanza singolare che in squadre zeppe di stranieri, a Cantù ad esempio l’ala piccola sia un affare riservato a lei e Procida. C’è molta competizione tra voi due?

Siamo molto amici e giocare l’uno contro l’altro in allenamento è un piacere. Rispetto a Gabriele io sono vecchio del mestiere e in molti mi dicono che in campo dimostro più anni rispetto alla mia età. Per questo mi sento di dargli alcuni consigli così come del resto fa con me il buon Maarty (Leunen, ndr), le cui indicazioni e raccomandazioni mi sono in effetti utilissime.

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