Marson: «Il nostro lungo anno
vissuto tutto per amore di Cantù»

Dopo la nuova svolta positiva di Cantù Next si racconta il presidente del club. «Da bravi sognatori, volevamo continuare a crederci»

Interviene poco, scelta personale, fin dal primo giorno. Ma quando lo fa, non è mai banale. E soprattutto lo spinge un nobile fine: quello di mettere sempre gli altri, davanti, limitandosi a una seconda fila per sé. È il carattere di un uomo generoso come lui.

E allora, alle soglie del Natale, Davide Marson, presidente della Pallacanestro Cantù, ha deciso di attaccare qua e là, sull’albero biancazzurro, palle colorate e piene di contenuti, anche stavolta. Dividendo il discorso in cinque aree. Andiamo per ordine, allora.

Da Trieste a Trieste

«È passato un anno, o poco più, a pensarci bene. Era qualche ora prima della trasferta del 25 novembre, subito dopo lo choc dell’annuncio dell’addio di Gerasimenko. C’era bisogno di dare una scossa e arrivare a giocarla, quella partita. Perché ci avrebbe garantito poi il derby con Milano del 9 dicembre e il conseguente incasso che significava boccata d’ossigeno. Mi è venuto allora spontaneo pagare la trasferta a squadra e tifosi, che non si sono tirati indietro, fortunatamente. C’era tutta la nostra grinta. La voglia di reagire e di non soccombere al fato e a quello che stava accadendo. Da bravi sognatori non volevamo smettere di crederci».

Squadra e tifo

«Il ringraziamento, ovviamente, va a tutti quelli che ci hanno permesso di restare una realtà. E non solo sulla carta. E, oggi più che mai, sono solo contento del fatto che grazie alla costanza di Antonio (Biella, ndr) e alla continua spinta di Paolo (Petazzi, ndr) si sia riusciti a riportare un fuoriclasse come Joe Ragland, che ha iniziato qui la sua grande carriera».

La Cantù Next

«Pur avendo attraversato difficoltà incredibili e pur essendo ancora forse a metà percorso, ma con una situazione di crescita costante e calcolata da quest’estate a oggi, brindo all’ingresso di nomi di prim’ordine. È l’eccellenza dell’imprenditoria, con confini che ora spaziano da Carimate a Como, da Mariano a Lentate. Con dirigenti che portano esperienze maturate in altre discipline, come Carlo Faverio nella pallavolo e Mario Bulgheroni nella pallanuoto. E con scelte tipo quelle di Stefano Capuzzo, l’ultimo entrato, che con il suo entusiasmo in due giorni ha chiuso la pratica. Ma direi che potrebbe non essere l’ultimo, visto che fino a fine a gennaio c’è ancora spazio per una partecipazione al progetto. Tutto quello che era nelle nostre possibilità l’abbiamo fatto, ora la palla passa alle istituzioni ed è con il loro aiuto che potremo completare l’opera del palazzetto. Il lavoro di Cantù Next sarà direttamente collegato al futuro della Pallacanestro Cantù e al suo sostentamento. Io, Andrea (Mauri, ndr) e Sergio (Paparelli, ndr), grazie al contributo del dottor Stefano Marelli e dell’architetto Alessandro Bianchi, siamo riusciti a mettere lì una grande cosa».

Il Pianella

«Continuo a ricevere progetti e idee interessanti per lo sviluppo e il rilancio di una zona lasciata al degrado e abbandonata a sé stessa. Come da premesse con il Comune di Cucciago prima dell’acquisto dell’immobile, il sito ora viene momentaneamente utilizzato da una delle mie società per lo stoccaggio dei legnami. Ma, lo ripeto, ci sono un sacco di idee per rilanciare la zona. Progetti - a livello sportivo, commerciale e residenziale - già collaudati in altre realtà. Congiuntamente al sindaco e alla giunta, riusciremo sicuramente a valutare la scelta giusta».

L’Etiopia

«Volete sapere cos’è questa storia del Pianella in Etiopia? Durante un mio viaggio di lavoro, ho avuto il piacere e la fortuna di conoscere il missionario don Ermanno Roccaro, che da bravo canturino, è riuscito a coinvolgermi in un progetto umanitario, ma del quale adesso non vorrei dare anticipazioni».

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