La movida fra diritti e doveri

Sono un residente del centro storico e leggo con disappunto quanto stabilito dal Consiglio di Stato che sospende l'ordinanza estiva di Palazzo Cernezzi. Il problema della “movida” si protrae da tempo senza addivenire a una soluzione equa dei diritti dei gestori dei pubblici esercizi e dei diritti dei residenti nel centro storico, partendo dal presupposto che la libertà degli uni finisce allorquando incomincia quella degli altri.
 I commercianti chiedono di poter lavorare, noi residenti chiediamo di poter riposare. L'esultanza per la sentenza espressa dai vertici di Confcommercio e dall'associazione pubblici esercizi mi pare non vada in questa direzione; non si tratta di “vincitori e sconfitti” ma di rispettare le regole di una città civile e attenta alle esigenze dei suoi vari componenti.
Esistono leggi che tutelano il diritto al riposo finalizzato alla tutela della salute. Basta solo avere la volontà di applicarle. E una volta per tutte la si smetta di sostenere che la vita notturna sia una “risorsa” per la città: è pura utopia.
Ma è proprio così difficile sorbirsi un drink senza l'accompagnamento assordante di una musica usurante per la salute? Se ai commercianti devono essere pagati i danni come qualcuno chiede, chi paga i danni arrecati ai residenti?

Adriano Cremona
Como

I problemi irrisolti si ripresentano, inesorabili e amplificati. Potrebbe essere questa la morale che sottende ogni discorso sulla "movida" comasca.
E' chiaro che si tratta di trovare un giusto compromesso fra due esigenze in apparenza inconciliabili, ma un tentativo va pur fatto. Anche perché in alcune occasioni non s'è trattato soltanto di schiamazzi notturni, ma di comportamenti che hanno raggiunto picchi di inciviltà tali da degenerare in problemi di ordine pubblico.
La questione rimane aperta. Non abbiamo ricette né soluzioni da suggerire ma seguiremo tutti gli sviluppi, con l'augurio che i toni rimangano quelli di un civile confronto.

Pier Angelo Marengo
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