Benigni genio della cultura, non ministro

Dopo la grande lezione di democrazia intitolata la Costituzione Italiana, come si fa a non restare estasiati dal modo geniale di Benigni nel disquisire sulla storia d'Italia? Benigni è un genio della retorica; riesce a far comprendere quello che molti non apprezzano. In questi giorni si svolge il concorso per insegnanti della nostra bistrattata scuola. Quale migliore riferimento al riguardo, se non dire loro: "Prendete esempio dall'amore che lui ci insegna, per il lavoro che svolgete"? E quale miglior ministro sarebbe Benigni, lui che dà all'istruzione un valore primario e prioritario per la crescita della società e il futuro dei ragazzi?

Massimo D'Agostini

Quando un comico insegna ciò che altri che non sono comici (di professione) evitano, significa che le condizioni generali d'un Paese sono pessime. Ma non è detto che impartire lezioni estemporanee sia il viatico per assumere una diretta responsabilità istituzionale. Benigni che facesse il ministro non sarebbe più un comico d'avanguardia e diventerebbe un politico di retroguardia: uno di quelli avocati dal potere per potersi perpetuare usando qualche maschera. Che cosa di meglio della maschera d'un attore? Benigni avrebbe in assoluto - e anche relativamente, vista la qualità dei governanti degli ultimi vent'anni - i requisiti per essere un buon ministro nel ramo della cultura e degli spettacoli, dell'arte e perfino dell'istruzione. Ma non ne avrebbe l'ardire, ben sapendo che l'investitura da parte del Palazzo lo rinchiuderebbe in stanze che non sono le sue. Meglio l'aria aperta, dove le parole respirano meglio. E dove si può denunziare il peggio senza il rischio di perdere la voce.

Max Lodi

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