È comparsa una nuova creatura: il pavone empatico

Il mondo dei social sembra dividersi in due emisferi contrapposti (esistono anche emisferi non contrapposti? Mah, dubbi tardivi): quello popolato dagli “empatici” e quello dominato dai “narcisisti”.

Lo notiamo facilmente scorrendo le nostre bacheche: da un lato, quelli che non colgono occasione per informarci - documentando il tutto con video e foto - su quanto sia “glamour” la loro esistenza, su quante attività invidiabili riescano a far stare nelle 24 ore che noi sembriamo sprecare irrimediabilmente. Qui, evidentemente, siamo nel territorio dei “narcisisti”.

Varchiamo il confine, ed entriamo in una regione popolata di cuoricini e di abbracci, tappezzata di solidarietà e bagnata da un oceano di lacrime condivide: ecco la Terra degli “empatici”.

Ora, un articolo di Charlotte Colombo pubblicato su dazedigital.com sostiene, tra le altre cose, che la distinzione tra i due mondi potrebbe non essere così netta. In altre parole, sotto le spoglie di qualche “empatico” si nasconde un “narcisista” en travesti.

Il dubbio emerge considerando l’aumento dei messaggi di empatia scambiati nei social durante le fasi più dure della pandemia, quando i lockdown ci costringevano a una separazione netta, fisica, dagli amici e dai famigliari. Messaggi di incoraggiamento, di vicinanza, tentativi più o meno riusciti di sdrammatizzare la situazione e, soprattutto, una valanga di emoji a carattere affettuoso: cuori e abbracci, come detto, ma anche fiori e animazioni intese a trasmettere, appunto, “empatia”.

Un’esondazione di affetto che tra l’altro ha reso popolare il termine stesso di “empatia”, entrato nel nostro vocabolario presumibilmente per non uscirne più. La parola, diventata familiare, è percepita in termini altamente positivi tanto che molti di noi, nel definire se stessi a beneficio dei social, non esitano ad adottarla. Il tratto più evidente della nostra personalità? “L’empatia”. La nostra migliore qualità? “La capacità di entrare in empatia con il prossimo”.

L’eruzione di empatici ha insospettito gli osservatori dei social che hanno approfondito la faccenda scoprendo come, per molti, la definizione di “empatia” non sia affatto chiara.

Non pochi infatti sostengono trattarsi di una sorta di qualità telepatica, ovvero la capacità di “leggere” le emozioni altrui senza davvero parteciparvi. Di questo presunto “potere” empatico se ne fanno grande vanto, ricadendo dunque a loro insaputa nella categoria opposta, quella dei “narcisisti”.

Una tendenza talmente manifesta che non solo gli osservatori professionisti se ne sono accorti: anche tanti semplici utenti hanno notato la presenza massiccia di questi “pavoni empatici” e hanno incominciato a prenderli in giro, creando allo scopo una frase-chiave: “Me, an Empath”.

In uno di questi post sarcastici, una ragazza ha messo la sua immagine di fronte al calco del corpo di un cittadino di Pompei con il commento: “Visitando le rovine: sento che qualcosa di brutto è accaduto qui”.

Chissà se tutto questo è sintomo di una tendenza generale al narcisismo, all’individualismo, oppure è l’ennesima prova che il mondo non va solo riscaldandosi ma anche rincretinendo. Io penso sia così e, ammetterete, averlo notato fa di me un gran figo.

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