Il bun? Io lo voglio con i semi confettati

Una premessa: non sono necessariamente contrario a quella tendenza che, a volte senza saperla circoscrivere con precisione, ormai tutti definiamo “politicamente corretto”. Mi sembra anzi che tanti accaniti detrattori diano prova soprattutto di incapacità ad adattarsi a un realtà che, malgrado loro, è in costante cambiamento. Altri rivendicano invece il diritto a essere gratuitamente offensivi, facendosi magari scudo del dizionario. Eppure, una parola che in origine non ha alcuna intonazione ingiuriosa, può diventarlo con il tempo, e decidere che cosa è oltraggioso spetta il più delle volte a chi viene oltraggiato e non a chi oltraggia.

In generale sono a favore del “politicamente corretto” quando tende ad ammonire chi offende individui (o gruppi di individui) e sono contro quando invece di lasciarci parlare liberamente di temi importanti si mette di traverso imponendo a ogni passo una sorta di insensata cosmesi delle parole.

Tutto questo per approdare all’argomento del giorno: “Barbie è vegana e mangia hamburger rosa”. Attenzione: non si tratta di una frase concepita dall’autore di queste note a causa di un colpo di sole intervenuto durante la stesura delle medesime. Trattasi invece di un titolo rilanciato dal sito dell’agenzia Ansa nella sua rubrica “Lifestyle”. Ecco cosa leggiamo nel testo dell’agenzia: «Inevitabile (e perché mai?, nda) è arrivato il primo hamburger di Barbie. Flower Burger, la prima veganburgeria d’Italia, ha accolto la sfida e ha realizzato un burger vegetale, in esclusiva per la famosa doll, in cui il colore rosa fa da protagonista: a partire dal pane, realizzato con Farina di tipo 1 italiana, colorato con l’estratto di barbabietola, la quale arricchisce anche il bun con i suoi semi confettati».

A parte l’istantaneo desiderio di avventarsi su una salamella saltata alla griglia, che cosa suscita in noi questa nota? Forse la sensazione che Barbie non rappresenti neppure più un esempio di stile di vita perfettino e corretto al punto da essere lezioso (e anche un tantino razzista nei confronti di chi si non adegua al modello), ma appartenga ormai a territori in cui la realtà, sia pure modificata e addolcita per adattarla a un giocattolo, è perduta nel grottesco, nel birignao modaiolo, nella pretenziosità spinta sul palcoscenico della farsa.

Certo, Barbie può benissimo prestarsi a far da testimonial presso i bambini di uno stile alimentare sano, meno carnivoro e più incline alla frutta e alla verdura. Qui però siamo oltre, e le conseguenze, nelle famiglie, potrebbero essere devastanti. Io immagino l’angoscia di quei genitori, già provati dalle incertezze del lockdown, che sgomenti guardano dalla finestra per cercare di capire di quale colore sia la loro regione, quando dai pargoli si sentiranno dire: «Dov’è il mio veganburger suggerito dalla famosa doll? Che non manchi l’estratto di barbabietola, mi raccomando, e neppure il bun con i semi confettati».

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