Il suo “secun”

Di solito il ringraziamento è sottinteso, ma oggi voglio renderlo esplicito: questa rubrica ringrazia la Natura per aver creato la Gente. Passiamo ora allo spunto odierno, pescato fresco nel Mar dell’Ansa:

«MOLFETTA (BARI), 14 DIC - Nella freccia tipica del “Senso unico” aveva scritto “Secun” per indicare l’appartamento in cui avveniva lo spaccio di droga. I carabinieri hanno scoperto l’indicazione contenuta nel segnale stradale ed hanno arrestato un pregiudicato 28enne. “Secun” in dialetto molfettese indica che in quella via, al primo portone, al secondo piano (“secun”) era attiva la piazza di spaccio».

Ora, il nostro primo istinto da amanti dello spirito d’impresa sarebbe quello di biasimare le forze dell’ordine per aver messo i bastoni tra le ruote a un individuo il quale desiderava solo far passare un messaggio: ecco come potete trovarmi in un mondo sempre più confuso, impreciso, un bazar rutilante nel quale gli stimoli si sovrappongono, si alimentano e si annullano, si contraddicono e tradiscono infine la loro stessa funzione: quella di informare, indicare, aiutare. In fondo, lo spacciatore pugliese non faceva falsa pubblicità, non inviava e-mail “spam”, non vendeva titoli spazzatura e non tentava di affibbiare a nessuno onerosi contratti per l’acquisto di Suv a rate. Semplicemente, indicava la sua presenza, rivolgendosi tra l’altro soltanto al pubblico locale, come indica l’uso del dialetto, senza pretendere di coinvolgere l’intero globo nel suo traffico, magari tentando una maldestra traduzione in inglese.

Certo, però, dare la colpa alle forze dell’ordine non si può, perché come sappiamo spacciare droga è un reato. E tuttavia non si riesce a impedire a chi legge di provare un po’ di tenerezza per lo sventato molfettese, il quale nel mondo cialtrone dei messaggi che ne raccontano di cotte e di crude, di false e di falsissime, di tendenziose e di tendenziosissime, non deve essersi sentito in imbarazzo ad aggiungere il suo “secun”.

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