Schiavi di Purple

Purple è una compagnia di Manchester che si occupa dell’installazione di servizi Wi-Fi pubblici per marchi come Legoland e Outback Steakhouse. I clienti di questi ed altri esercizi possono così collegarsi alla Rete. Naturalmente, prima devono accettare le “Condizioni d’uso” nelle quali c’è scritto... Già, che cosa c’è scritto? Nessuno lo sa, perché nessuno legge le “Condizioni” di Purple così come nessuno legge niente di quanto ci mettono sotto il naso le società che forniscono servizi in Rete: collegamenti, software, app, eccetera.

Che è così lo sappiamo per certo. Prima di tutto per esperienza personale: le “Condizioni d’uso” sono di solito lettura troppo lunga e impegnativa per chi, come noi, non ha tempo da perdere e vuole incominciare subito a giocare a Candy Crush. E poi, per quanto lunghe, le “Condizioni” sono fatte in modo che basta un clic per sbarazzarsene.

Ora abbiamo conferma scientifica che le cose vanno proprio così. La Purple di cui sopra ha fatto un esperimento, modificando le sue “Condizioni” standard per aggiungerne di particolari. Chi cliccava su “accetto” si impegnava a pulire giardinetti da lasciti canini, sbloccare manualmente condutture fognarie e igienizzare i gabinetti portatili installati a concerti e feste. Ebbene, 22mila persone hanno “accettato” senza batter ciglio. Purple ha dichiarato che non si avvarrà dei servizi di cui sopra, però non stupiamoci se un giorno da un tombino sentiremo provenire una voce: «Mamma che schifo! Però in effetti qui prende benissimo...»

© RIPRODUZIONE RISERVATA