Ho visto cose che voi umani...

Ho visto cose che voi umani… Mi stuzzica l’idea di utilizzare la celebre battuta di Blade Runner per mettere in fila, come un tormentone potenzialmente infinito, le sensazioni che si provano andando in bicicletta. L’idea mi è venuta la scorsa settimana mentre pedalavo (beh, sì, pedalavo) sul triangolo Monza -Lecco- Bellagio- Como- Monza, che poi tanto triangolo non lo è. Gli appassionati lo chiamano il giro corto del lago.
Ma, se non corressi il rischio di apparire stupidamente curiale o pietosamente retorico, parlerei di un tuffo nella bellezza del creato, vista da un punto di osservazione – la bicicletta, naturalmente – che non ha né eguali nè paragoni. Accanto al bello, però, ho incrociato il brutto e, in un turbinio di pensieri assai più frenetici del vorticare delle gambe, mi sono incuriosito all’idea di proporre ai miei quattro lettori una sorta di “quelli che” in salsa cinematografica, giusto per non cadere nella più scontata delle clonazioni. Ho visto cose, dunque…
Ho visto l’azzurro del cielo terso di primavera. E il blu del lago, un blu dipinto di blu. Ed ho capito che cosa deve aver pensato chi ha deciso che i colori della città di Lecco (a partire dalla squadra di calcio e giù giù fino al logo dell’azienda ospedaliera) dovessero necessariamente essere il blu e il celeste. Non è un caso, forse, che sia l’unica squadra calcistica italiana – lo sapevate? – ad avere quei colori.
Ho visto la galleria del Moregallo, tra Valmadrera e Oliveto Lario ed ho capito che cosa significa la crisi economica o, forse, la sciatteria nascosta dietro l’alibi delle casse vuote. L’ho percorsa centinaia di volte (non ci sono alternative, si sa) ma mai avevo contato così tante lampadine bruciate. Così tante che, in certi tratti, si pedalava quasi a casaccio, cercando un improbabile orientamento attraverso le lucine delle nostre biciclette. Possibile che a un ente pubblico manchino cento euro cento per cambiare una lampadina?
Ho visto il cimitero di Lezzeno, tra Bellagio e Como. Agli amici ripeto spesso, a metà tra il serio e il faceto, che quei morti lì sono un po’ meno morti degli altri. Perché le loro anime si specchiano a picco nel lago e quel cimitero, luogo di tristezza infinito, sembra quasi – e sottolineo il quasi – un piccolo presepe permanente.
Ho visto strade che non sono strade ma percorsi di guerra. Dicono che sia colpa della neve ma, se così fosse, in Svezia o Norvegia circolerebbero soltanto cingolati. E se, invece, fosse soltanto perché gli enti pubblici, comuni e province che dir si voglia, usano i soldi delle multe per tutto tranne che per sistemare le strade?
Ho visto automobilisti, per rimanere in tema, che su una strada larga quattro metri scarsi (contando entrambi i sensi di marcia) non si accontentano di rimanere alle spalle di noi ciclisti che andiamo a quaranta all'ora ma pretendono di sorpassarci. Tutti e tutti insieme. E se non ci riescono, come non ci possono riuscire visto che non siamo in autostrada ma su stradine di lago che seguono il profilo dei monti e ci sarebbero pure i limiti di velocità, si aggrappano disperati ai clacson. Il padrone della strada sono me...
Ho visto rotonde alla francese che a me sembrano solo rotonde all'italiana. Cioè inutili. Se non all'impresario edile che l'ha costruita e, speriamo di no, all'assessore che l'ha ordinata. A Rovagnate, nel Lecchese, ce ne sono due in cinquanta metri. Una doverosa e necessaria, su un incrocio trafficatisismo. L'altra serve solo una stradina minuscola sulla destra che c'è da sempre e non porta da nessuna parte. Nella migliore delle ipotesi è inutile. Nella peggiore -ma è soltanto una perfidia da male lingua - ci abita qualcuno di importante. Ma deve essere tanto, tanto importante…
Ho visto Como scendendo da Faggeto e Torno. Dall'alto è una meraviglia, con Villa Olmo sullo sfondo, Villa Geno proprio sotto i palmer, una cinquantina di metri più giù. Un panorama così struggente da far dimenticare le strettoie, le buche sulle strade, i mini cantieri a due passi dalla villa dello sceicco arabo di turno. Poi, a discesa ultimata, ecco la spettacolare stazione a lago delle nord - dove mai di capita di scendere dal treno ed essere già in spiaggia? - e... una bella palizzata di legno. Nasconde il cantiere delle paratie. Ma nasconde anche il lago. E Como con il lago oscurato come Roma senza San Pietro e il cupolone. Cioè, una ciofeca.
Ho visto questo percorso fantastico intorno al lago e, pur vivendoci da sempre, mi sono ritrovato a pensare che, in verità, non l’avevo visto mai prima di quel giorno benedetto in cui sono montato in sella ad una bici. Senza l’ansia di dover fare in fretta perché sono in ritardo, senza la preoccupazione di dover scansare altre automobili, pedoni, centauri e ciclisti, senza il navigatore che “rotonda a 50 metri, seconda uscita”, senza la radio che fa pump pump nelle orecchie e i bambini che vogliono I Luf e solo I Luf. Mi sono anhe chiesto perché, con uno scenario così, non c’è una Gran Fondo come la fantastica Nove Colli di Cesenatico, alla quale (con tanta incoscienza e altrettanto curiosità) parteciperò il prossimo 19 maggio. Mah, mistero buffo…
Ho visto... mille altre cose. Ma mi piacerebbe ascoltare le vostre. Se vi va, qui sotto c’è la mail.
[email protected]

© RIPRODUZIONE RISERVATA