Il bello e il brutto

Che ai monzesi piaccia da matti andare in bicicletta è cosa risaputa. E a ben guardare, persino un po’ sorprendente visto il traffico con il quale devono fare i conti, la mancanza di strade a misura di ciclista e, mettiamoci pure un po’ di morfologia, ovvero il fatto che fino a Carate Brianza e dintorni è più facile trovare un alieno che non una salita degna di questo nome.

Lo pensavo con un pizzico di irriverenza l’altro giorno, scorrendo con compiacimento la notizia che Monza ha dato una onorificenza a Giorgio Albani, classe 1929, vincitore di tappe e più volte nazionale azzurro quando le strade erano bianche e le biciclette pesavano come un macigno, al punto che per tirarle su in salita c’era da lasciarci anima e corpo. Già perché Albani, tuttora in carriera come diesse e organizzatore di corse nonchè presidente del Pedale Monzese, non è che uno dei tanti monzesi che hanno fatto carriera in bicicletta. A dispetto di tutto. Vogliamo metterci Gianni Bugno, grande campione della mia generazione? O vogliamo parlare di Fiorenzo Magni, l’uomo che dava del tu a Bartali e Coppi e che se ne è andato lasciandoci in eredità quel gioiello che è il museo del ciclismo al Ghisallo? E chissà quanti altri mi rimangono nella penna e quanti altri brianzoli, tra i molti in attività, ci faranno scrivere pagine di storia a due ruote.

Esempi virtuosi che alimentano la voglia di bicicletta di noi ciclisti della domenica, che siamo qui a sognare davanti ad un Pc dopo novanta chilometri a trentotto gradi all’ombra, felici come pasque per aver bruciato qualche manciata di calorie ma soprattutto felici di aver mulinato gambe e pensieri per tre ore in santa pace.

L’importante è che la passione non diventi fanatismo da quattro soldi o soltanto l’ennesimo mercato da spremere. Qualche giorno fa leggevo su «La Provincia» di come sia avviata al fallimento un’iniziativa turistica pensata - così assicuravano - proprio per noi ciclisti della domenica. Mi riferisco ai chip montati su tre percorsi classici (Onno- Valbrona, Ghisallo e Nesso-Pian del Tivano). Più o meno funziona così: compri il chip e cronometri la tua performance. L’articolo spiegava che questa trovata è costata un sacco di soldi, che avrebbe dovuto essere un incentivo per gli operatori turistici dell’area ma che, alla fine dei conti, non se la fila nessuno. Mah... L’avessero chiesto agli interessati avremmo potuto aiutarli a risparmiare. Abbiamo computer da manubrio cui manca solo di fare il caffè... che ci importa di un percorso cronometrato in più? Possiamo calcolarlo da soli, discuterne sui siti dedicati, memorizzarlo e riviverlo sul pc di casa. Il tutto senza spese aggiuntive. Quei soldi avrebbero potuto usarlo - e perdonate il populismo da quattro soldi - per sistemare le buche, aggiustare qualche lampione e magari rimettere in essere qualche Gran Fondo tipo quella di Monza, di Lecco o di Bergamo che sono naufragate sotto il peso della politica.

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