Insieme sul Ghisallo

Domani chiude per cinque mesi il museo voluto da Fiorenzo Magni. C’è il rischio che non riaprà più. Qualche idea per rilanciare una località cult del ciclismo

Non sono i cinque mesi di chiusura a preoccuparci. L’inverno lombardo, del resto, non è mai stata la stagione più amata dai ciclisti, per mille ragioni a cominciare dalla forzata inattività che fa irrimediabilmente lievitare l’addome. No, a lasciarci inquieti è la possibilità (assai concreta) che il museo del ciclismo del Ghisallo possa non riaprire mai più, mandando al macero la vagonata di soldi che sono serviti per costruirlo e soprattutto il sogno di Fiorenzo Magni, il campione brianzolo che l’aveva ideato e voluto con tutte le sue forze leonine.

Dell’argomento, sollevato la scorsa settimana dalla Gazzetta dello sport, abbiamo già diffusamente parlato in questo blog e non è il caso di tornarci per piangere del latte versato. Più interessante, ai miei occhi, le proposte per un rilancio autentico che la stessa rosea ha proposto il giorno successivo attraverso i pareri di imprenditori e sportivi. I quali manco a dirlo, la sanno assai più lunga dei politici, che usano le frasi di circostanza per nascondere il vuoto pneumatico del loro agire quotidiano. Mi hanno colpito, in particolare, alcune proposte concrete che vanno esattamente nella direzione che, con tutta la modestia del caso e tutt’altra autorevolezza, avevamo formulato in questo spazio in tempi non sospetti.

Se davvero si vuole salvare quel patrimonio di sport e cultura, la filosofia di base deve essere chiara e onesta: il museo del Ghisallo deve vivere di risorse proprie, sfruttando (nel senso buono del termine) il prestigio di cui gode. Deve diventare, insomma, un volano turistico, un luogo da inserire nei tour del territorio e non già la periferia di un impero che non gode di buona salute già di suo. Ha tutto per esserlo, tranne - probabilmente - la volontà di certi amministratori della cosa pubblica, ancora convinti che il turista porti con se solo problemi e non già risorse.

Nel concreto, che cosa possono fare quei politici che adesso fanno la fila al capezzale del museo e fingono lacrime e indignazione pur di avere in cambio la foto sul giornale? Beh, la prima cosa - l’idea mi ha colpito e la trovo geniale - è quella di cambiare nome al...paese di Magreglio. Non lo conosce nessuno e sarebbe più conveniente, per mille ragioni, che gli venisse affiancato (come minimo) il nome di Ghisallo, che ha ben altra risonanza a livello internazionale. Non si tratterebbe di un’impresa impossibile in un centro di 640 anime neppure se si dovesse ipotizzare di rifare la carta di identità a tutti gli abitanti...

Si era parlato poi di un’altra idea, innovativa quanto basta per meritarvi attenzione. Ve la giro con parole non esattamente appropriate ma comprensibili: trasformare il tratto tra Lecco e il Ghisallo in una sorta di passerella, cambiando colore all’asfalto ogni chilometro. E magari piazzandoci pannelli, gigantografie fotografiche che raccontino per immagini la storia di questo magico mondo. Non so quanti di voi conoscano il Carpegna, una montagnola in provincia di Pesaro Urbino assai meno ricca di storia e assai meno bella paesaggisticamente ma che – proprio grazie a questa operazione – ha trasformato il campo di allenamento di Marco Pantani in un centro-cult per ogni ciclista che si avventuri da quelle parti, disposto a tutto pur di scollinare e scattare una foto di fianco alla foto del pirata di Cesenatico. Ecco, l’idea è quella.

Ma ci sono cose che possono fare anche i ciclisti. O, meglio, le numerose società ciclistiche di un territorio compreso tra Como, Lecco e Monza. Ovvero, una bella Gran Fondo che preveda l’arrivo proprio sulla piazzetta dove si trova la chiesina e il museo del Ghisallo. Sono tante le corse che vi arrivano in cima e la gran fondo Casartelli prevede regolarmente il passaggio dal Ghisallo. Ma una Gran Fondo ad hoc diventerebbe ben presto una tappa fissa nel fittissimo calendario di questo tipo di manifestazioni. Basti pensare alla Maratona delle Dolomiti, a quella delle strade bianche o alla Nove Colli di Cesenatico per capire le potenzialità infinite di una proposta del genere. In quelle località una gran fondo - con tutto quello che si porta appresso - viene vista come un modo per riempire alberghi e bed and breakfast e non già, come accade in questa parte di mondo ipermotorizzato, come una domenica (di code) sprecata per dare libero sfogo alle pulsioni di un manipolo di rompiscatole. Bisognerebbe che qualcuna delle gloriose società del nostro territorio – dal Pedale Monzese a quello lecchese, da quelle di Seregno alla Piastrella di Costa Masnaga – lanciasse il sasso nello stagno, creasse una sorta di Comitato di saggi ad hoc e raccogliesse la sfida. E se serve un testimonial, beh, vi propongo Davide Cassani, il grande commentatore della Rai, che il Ghisallo lo conosce come le sue tasche e l’ha scalato decine di volte. Non essendo del posto, e quindi è autorevole al di sopra di ogni campanile, vi potrà dire che un panorama così merita ampiamente un quadro d’autore. E il bello è che lo possiamo scrivere in tanti. Che ne dite?

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