Romagna mia

Romagna mia

Dici Riccione e già ti sembra di sentire le goccioline di sudore che scivolano lungo la schiena, il profumo nauseabondo dei solari spalmati su schiene bianche come il latte, lo sguardo che fruga tra un nugolo di ombrelloni multicolori, accampamento moderno di indiani metropolitani, ahi noi nel senso più letterale del termine... E invece no. Non serve neppur raggiungere il Cippo del mote Carpegna, palestra del Pirata di Cesenatico trasformato in museo all'aperto da quanti come noi pensano, alla moda di don Abbondio, che il talento o ce l'hai o non ce l'hai. E lui ce l'aveva, Dio Bo - qui si dice così ad ogni mezza frase - se ce l'aveva... No, basta superare di slancio il cavalcavia dell'autostrada ed eccoti proiettato in un mondo diverso, fatto di sali e scendi terrificanti (li chiamano mangia e bevi e il significato più recondito ancora mi sfugge), di colline dai mille colori dove una casa che non sia una fattoria è l'eccezione e non la regola, di castelli che si rincorrono senza soluzione di continuità e tutti con la citazione dantesca d'ordinanza, manco il Poeta fosse stato un pierre. Il paradiso, per noi ciclisti della domenica. Ad avviarmi alla bicicletta, proprio su queste colline, è stato il mio amico Stefano che qui a Riccione ha un hotel dal nome strano ottenuto tagliando in due il suo complicato cognome (hotel Dory, per la cronaca) e che un sacco di anni fa ha inventato la formula del bike hotel. Un grande appassionato di bicicletta e un grande innovatore, ormai imitato a tutte le latitudini. Forse compatendo il mio stato vegetativo da papà in vacanza,  un giorno mi invitò a pedalare con la sua combriccola. Mi arenai sul cavalcavia dell'autostrada, lasciando il cuore, i polmoni e il mio orgoglio su quell'asfalto bollente. Adesso, tanti anni dopo, non mi accade più. Vado a trovare il monumento al Pirata sul  Carpegna, salgo con un minimo di disinvoltura Verrucchio e San Marino e me la tiro un po' sulle rampe della Panoramica, una specie di costiera amalfitana in salsa romagnola che non se la fila nessuno tranne Valentino Rossi che è di casa e i ciclisti del Giro che l'hanno battezzata il dieci maggio scorso.  Stefano pedala ancora, naturalmente, anche perchè i ciclisti si sono moltiplicati a dismisura, nove mesi l'anno. In questi giorni, per capirci c'è di stanza un professionista appena sceso dalla bici dopo aver vinto tutto (non dico il nome perché la privacy resti sacra), un altro che ha fatto saltare i cronometri alla maratona delle Dolomiti mentre un terzo, che si diletta pure a fare da guida, sta a Londra a sfilare con la sua nazionale di ciclismo. E poi ci sono anch'io. Ma non pedalo soltanto la domenica.

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