Scende la pioggia

Scende la pioggia

Lo so, lo so… Era una promessa consegnata alla rete. Nero su bianco e pure per sempre, finché internet non ci separi. Ma, nel giorno del Giro di Lombardia, non ce l’ho fatta. Troppa pioggia, troppo freddo e troppa nebbia per pensare di avventurarmi fin sulla vetta della Valcava. Noi ciclisti della domenica, si sa, siamo sensibili pure al meteo. Per farla corta, ho ripiegato sul Villa Vergano, lo strappo finale che doveva decidere la corsa. E non ne sono affatto pentito, a dispetto della pioggia che – a una trentina di minuti dall’arrivo dei ciclisti – ha cominciato a coprire tutto. Tuoni e lampi, giusto per ricordare ai telespettatori che le tappe da tregenda sono una costante quando si arriva da queste parti. Come insegna il Pian Resinelli (Giro d’Italia 2012). E chissà se quelle immagini da classica del Nord siano davvero penalizzanti per il turismo made in Lecco e non piuttosto una cartolina alternativa allo schema un po' trito di sole-lago-montagna.

Sono rampe assassine, quelle del Vergano perché tirano al 15% su un fondo sconnesso, in mezzo a cascine antiche e villette moderne. E perché, dopo 240 chilometri, anche un cavalcavia fa male come il Tourmalet. Quando è comparso Purito Rodriguez mi sono ritrovato a pensare come fosse possibile sfrecciare a venti all’ora con un freddo becco e la pioggia che dal casco scendeva giù fino alle caviglie, senza nulla risparmiare. Illuminato dai fendinebbia della giuria, invocato da tutti ma profondamente solo, con i suoi pedali. Non credo fossi l’unico a pensarlo. Accanto avevo il mio primogenito Riccardo, sportivo tutto d’un pezzo che passa le sere in palestra ad attaccare canestri. Gli ho visto negli occhi un cocktail indecifrabile di compassione e di ammirazione. La stessa di tanti altri, dal bambino con le idee confuse alla vecchietta sorpresa da tutto quel rumore, fino ai tanti cicloamatori che il giorno dopo – si torna sempre sul luogo del delitto – ho incontrato su quelle stesse rampe, con il respiro affannato e il cardio che schizzava. Un’immagine che mi porterò appresso. Come quella dello sconosciuto gregario spagnolo – l’ultimo degli arrivati al traguardo, ed era il 54esimo di 197 – transitato sul Villa Vergano dopo venti minuti da Purito, con le strade già riaperte al traffico e il vigile che quasi lo mandava a quel paese per l’essere in mezzo alla carreggiata con tutte quelle auto. Gli abbiamo voluto tutti bene, per un interminabile minuto. Anche mio figlio. «Però papà, è stato bello» ha sintetizzato in stile sms. Chiamatele, se volete, emozioni.

 

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