Come guarire dal sentirsi meno di niente

Come guarire dal sentirsi meno di niente

«Mi sento meno di niente. Non sono neanche una persona». La frase che strappa la maschera a Hollywood e mostra che chi ci lavora non è davvero bellissimo, magrissimo, e tantomeno felicissimo arriva quando il film è quasi finito.
Ma l’enormità del vuoto, della desolazione e della noia che affliggono il protagonista di «Somewhere» è già nella prima scena. Quando due sventole bionde ballano la lap dance davanti al suo letto e lui per tutta risposta si addormenta. Sofia Coppola dice di aver raccontato ciò che ha visto da bambina e allora i bambini italiani devono smettere di sognare Hollywood. E ancora meno la tv italiana, che con la scena dei Telegatti, viene sbeffeggiata, ridicolizzata, rasa al suolo. Se questo è il posto dove non tutti, ma tanti ragazzi vorrebbero stare, allora è meglio il niente di un paese qualsiasi piuttosto che il finto tutto di Los Angeles. Dev’essere per questo, che Clooney si innamorò di Laglio inseguendo il profumo del pane e la piccola bottega del barbiere di paese. Cose vere, non effetti speciali. Nel film della Coppola a Los Angeles non brilla neppure il sole. E l’oceano non si vede mai. Jonny Marco se ne sta in stanza a giocare con la Wii quando non ha qualche donna nuda che lo insegue, e di nessuna ricorda il nome. I comportamenti di chi si sente meno di niente sono uguali a Los Angeles come nel parco di una periferia. Ai ragazzi che amano lo sballo converrebbe consigliare la visione di Somewhere. Li farebbe stare subito meglio, perché il protagonista ha i soldi. E la Ferrari. Ma si sente bene solo quando abbandona l’auto con le chiavi dentro e cammina a piedi nel deserto. Se stai bene, stai bene anche in mezzo al niente.
L’animo deve cambiare, non il cielo. E questo lo diceva già Seneca che non conosceva né il cielo sopra LA né quello sopra Laglio.

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