Come vendere un milione di copie

Come vendere un milione di copie

«Come vendere un milione di copie e vivere felici» è un libro furbo. Ma onesto. È furbo perché nessuno aspirante scrittore rinuncerebbe a un manuale che trasformi il suo sogno nel cassetto in un best seller. È onesto perché il titolo parla di un corso per "vendere" non per "scrivere" un libro da un milione di copie. E la differenza non è affatto sottile. Per vendere un milione di copie serve, prima di tutto, un titolo capace di abbindolare un milione di persone e una copertina in grado di catalizzarne almeno dieci. «Come vendere un milione di copie e vivere felici», di Antonio d’Orrico - ha l’una e l’altra cosa. Un grande titolo che potrebbe vendere miliardi di copie in qualunque parte del mondo e una copertina altrettanto universale. Un bassotto della banda bassotti, un ladro di quelli che però non fanno male a nessuno e falliscono quasi sempre. Prima ancora di insegnare la sua regola numero uno (rubare i segreti a chi ha già scritto un best seller) il critico del «Corriere della sera» che decreta il successo di un libro con le sue recensioni su «Sette» ne ha già date due: titolo e copertina azzeccati. Seguono altri consigli: «essere pronti a uccidere la propria madre», non avere senso del pudore, mai scrivere di se stessi, quando non si sa come andare avanti far trovare una persona morta in una stanza, scegliere il nome del protagonista tra quelli già famosi e non aver paura di scrivere parolacce. Chi riuscirà a fare tutte queste cose, forse venderà anche un milione di copie del suo libro. Poi, però, bisogna anche capire come si fa a scrivere un libro da un milione di copie, ovvero un libro che spinga chi lo ha appena letto ad invitare altre persone a comperarlo. E questo passaggio è più difficile. Perché si può comperare «La restauratrice di matrimoni» spinti dal titolo, dalla copertina e dal riassunto, ma giunti alla seconda pagina lo si restituirebbe volentieri a Spearling & Kupfer con grandi complimenti per la confezione. Ci sono altri libri, invece, come «Acciaio», che hanno titoli gelidi e copertine spoglie, ma scalano le classifiche con la forza del passaparola tanto sono belli. Ce ne sono altri, come «L’Ultima riga delle favole», di Massimo Gramellini che vendono l’illusione di un bis di successi precedenti e fanno leva sul fatto che tutti hanno vissuto una delusione d’amore. Per vendere, vendono, ma la cura alla terme dell’anima non ha lo stesso potere della raccolta di lettere della «Posta del cuore».  Ora, d’Orrico è come Oprah Winfrey. Se scrive che un libro sarà un successo milioni di persone lo compreranno. I suoi articoli su «Sette» - a giudizio di chi scrive - valgono ognuno i soldi del «Corriere». Ogni articolo è un piccolo riuscitissimo romanzo. Ma sfortunatamente non basterà leggere il suo manuale per scrivere un libro da un milione di copie.
Anna Savini

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