La felicità va a sprazzi, no a U

La felicità va a sprazzi, no a U

Dicono stavolta gli scienziati che la felicità segue la forma della U. Tra la nascita e l’adolescenza è al massimo. Decresce dai 20 anni in poi. A 40 tocca il fondo. Ma poi risale. Quindi a 50 va già alla grande, altro che crisi. Con il risultato, quindi, che in avvicinamento al giorno della morte, pieni di rughe e di anni, si raggiunge il secondo picco di felicità. Liberi dalla vita e dalle pene di esistere. Questo dicono gli americani, rovesciando la teoria di Woody Allen (meglio nascere vecchi e morire rientrando nella pancia delle mamme). La teoria della felicità a forma di ferro di cavallo era già stata proposta lo scorso anno, dall’Economist. Ed è tornata di moda quest’anno. Ora, gli ottimisti potranno anche essere d’accordo. Come quelle donne di 60 anni che dicono di aver fatto finalmente pace con con il loro corpo. Ma per i pessimisti ogni giorno dopo i trenta è un passo verso il decadimento. È pure vero che ci sono nonni e nonne adorabili e sempre belli e luminosi anche a 70 anni. Ma quest’età proiettata su se stessi non regala la stessa emozione che dà il pensiero di andare in vacanza, per esempio. Per chi ha il marito (o la moglie), l’innamoramento, il fidanzamento, le nozze, i figli andrebbero a perdersi tutti a fine stanghetta della prima U a pari merito con altre fasi più trascurabili della vita. Per chi non ce l’ha, la depressione dei 40 anni dovrebbe proseguire in piano, in teoria. Inutile cercare di capirci qualcosa perché ognuno avrà la sua teoria, sulla felicità. Che comunque è come la felicità stessa. A sprazzi, come un getto di acqua fredda che ti arriva addosso in un giorno d’estate, come un tuffo in mare, come la luna che ti appare di colpo. La felicità, in una U, non ci sta.

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