Se è una donna dovremmo scusarci

Se è una donna dovremmo scusarci

ettiamola così, se è una donna, dovremmo chiederle tutti scusa, perché dare dell’uomo a una donna è come dirle che è brutta. Però, se Caster Semenya è una campionessa, e non un campione, è una delle donne più mascoline sulla faccia della terra. Dall’ombelico allo sguardo, dagli addominali alla bocca, dai lineamenti alle braccia non ha niente, ma proprio niente, che ricordi il gentil sesso. E non è questione di allenamento, perché ce ne sono di atlete, ai mondiali, che sono grosse anche più di lei. Ma quelli sono muscoli costruiti su un corpo da donne, non sono sembianze di un uomo catapultato sulla pista con delle femmine che è poi l’effetto che fa lei. Perché alla fine la gara degli 800 è andata così, la Semenya davanti a tutti, con un distacco tale da farla sembrare un uomo anche nelle potenzialità. Dallo scorso anno a oggi questa ex signorina (?) nessuno è migliorata di 9 secondi. Nove secondi nella corsa sono come nove ere nella storia, un’infinità.
La sua voce è da uomo, non ha un filo di seno e i capelli intrecciati e cortissimi non l’aiutano di certo. In più non ha voluto rilasciare interviste e non si è mai vista un’atleta che vince e scappa come se avesse qualcosa da nascondere e non una medaglia d’oro da esibire.
Perciò adesso la ragazzina sudafricana che assomiglia a un ragazzone è stata messa sotto la lente. La sua (mancata) femminilità sarà analizzata al microscopio da ginecologi, genetisti, internista, psicologo, endocrinologo. Dovranno dire se è un uomo, una donna o un ermafrodita.
Perché un conto è bombardarsi di ormoni per aumentare la potenza, un altro è presentarsi alla gara sbagliata per fare la parte di un Bolt in fuga da un esercito di donne.

© RIPRODUZIONE RISERVATA