La favola sbagliata

Un re senza corona e senza scorta. Povero Napolitano. Per la cerimonia del giuramento bis ha rinunciato al sontuoso accompagnamento dei corazzieri a cavallo e si accontentato di quelli a piedi in numero ridotto. E a pure detto no alla mitica passeggiata sulla Lacia Flaminia scoperta, l’auto che viaggia solo una volta ogni elezione di presidente dal Parlamento al Quirinale e invece se ne resterà ferma fino al prossimo inquilino del Colle.
Stranezze di un’elezione unica da quando l’Italia è diventata Repubblica. Nel campionario va anche assegnato il caso del povero Stefano Rodotà. Premesso che si tratta di una figura di tutto rispetto e dal profilo più che adeguato per ambire alla massima carica dello Stato. Stupisce caso mai l’accanimento dei pentastellati nell’accreditarlo come una scintillante novità nel panorama politico. Rodotà, come hanno sottolineato in molti, è in pista dagli anni ’70 come militante radicale ed è stato eletto per la prima volta alla Camera come indipendente nelle liste del Pci 35 anni fa.
Tanto per fare paragoni. Il povero Franco Marini, etichettato come il vecchio che avanza, è entrato in Parlamento nel 1992, l’anno in cui Rodotà, in veste di presidente della Camera, sostituirà OscarLuigi Scalfaro nello scrutinio delle ultime schede per l’elezione di quest’ultimo al Colle. Si vede però che basta il soffio magico di Beppe Grillo per restituire una verginità politica. Se l’ex comico e Casaleggio avessero deciso di sostenere Romano Prodi (e magari l’avrebbero anche fatto se il Pd non l’avesse candidato), lo scafato Professore si sarebbe trasformato in un fresco e dotato scolaretto della politica.
Allora viene il dubbio: avremo mica sbagliato favola? Qui più che il Grillo parlante sembra che ci sia la Fata di Cenerentola: quella che trasforma zucche in carrozze.

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