Una poltrona vuota

Con lui esce di scena la Prima Repubblica che ha simboleggiato con i suoi pregi e i suoi difetti per oltre cinquant’anni. Giulio Andreotti era un politico che aveva raggiunto tutti i traguardi istituzionali (quelli di partito gli interessavano poco, tant’è che non fu mai segretario della Dc restando sempre più potente di tutti coloro che si avvicendavano al vertice di Piazza del Gesù). Gli mancò solo un obiettivo: quello più importante: la presidenza della Repubblica. Si dice che gli fu fatale il tritolo con cui furono uccisi Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta del magistrato. In realtà a tradirlo furono quelle pastoie venefiche delle correnti democristiani più micidiali di quelle d’aria.
Suo concorrente nella corsa al Quirinale in cui drammatico 1992 era infatti Arnaldo Forlani, segretario nazionale della Balena. Difficile trovare un accordo tra i due anche se il divo Giulio, con la consueta astuzia, aveva lasciato andare avanti l’amico (da quelle parti si chiamavano tutti così, nascondendo i coltelli dietro la schiena) per farlo impallinare. Ma la Dc già mostrava i segni del disfacimento. E Andreotti di quella Dc e di quel disfacimento era l’emblema. Così la poltrona più ambita andò a Scalfaro. Del Divo Giulio ora ci resta solo una poltrona. Vuota

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