Stop al massacro delle balene
Il mondo stavolta si mobilita

Il 5 novembre scatta in tutto il mondo la protesta degli animalisti contro il Gaippone, messo sul banco degli accusati per la caccia ai cetacei, attuata aggirando i divieti con il ricorso a una finta "ricerca scientifica"

Finirla una volta per tutte con il massacro dei cetacei. È quanto chiederanno l'Enpa e altre associazioni animaliste al governo nipponico, in occasione della giornata mondiale di protesta contro la caccia alle balene, in programma il 5 novembre, giorno in cui le baleniere giapponesi inizieranno il massacro.

In questa occasione, gli attivisti della Protezione Animali presidieranno, a partire dalle 10, l'ambasciata del Giappone a Roma. "Ogni anno le navi giapponesi sconfinano nelle aree protette, i santuari dell'Oceano Antartico, dove uccidono migliaia di animali appartenenti a specie particolarmente protette - spiega Ilaria Ferri, direttore scientifico dell'Enpa. Secondo alcune stime, arrotondate per difetto, si ritiene che dal 1986 ad oggi sono circa 20mila i cetacei uccisi dai nipponici".

Ufficialmente, ricordano gli animalisti, la caccia alle balene è vietata. Il Giappone, tuttavia, aggira il divieto con il pretesto della "ricerca scientifica". E il governo australiano nei mesi scorsi ha denunciato il Giappone al Tribunale Internazionale dell'Aja. Secondo l'Australia infatti le balene, oltre a essere specie particolarmente protette, non sono proprietà di alcuno stato. Da qui la richiesta australiana di aprire la procedura per il via libera a sanzioni contro il governo di Tokyo. Sanzioni che dovrebbero avere un effetto non soltanto punitivo ma, soprattutto, deterrente per dissuadere le baleniere nipponiche dal compiere ulteriori massacri.

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