Caronno, porte aperte all'Ims
«Macchine pronte a ripartire»

Il curatore fallimentare ha aperto per la prima volta i cancelli. Le maestranze: «La prossima volta entreremo per riavviare la produzione»

CARONNO PERTUSELLA Dopo sette mesi di presidio, 24 ore su 24, davanti al cancello blu dell'Ims (International media service), l'azienda che ha fatto la storia della musica stampando vinili, musicassette, compact disk e dvd per le maggiori case discografiche e di produzione italiane e straniere, i lavoratori hanno potuto per la prima volta rientrare nei reparti che stanno lottando alacremente per far tornare operativi. Per la prima volta, a poco meno di un mese dal giorno in cui lo stato passivo diventerà esecutivo, dando così il via allo smembramento della società, il curatore ha aperto le porte dello stabilimento.

Il reparto produzione
Quando le luci al neon si sono accese hanno svelato un'azienda in perfetto ordine ed all'avanguardia. Il ciclo produttivo completo, dalla realizzazione del master alla confezionamento, avveniva in un'area di cinquemila metri quadrati, quasi completamente automatizzata.

«Il vedere tutte le macchine ferme e il sentire il silenzio rotto solo dai nostri passi fa davvero uno strano effetto» - confessa Luigi Maiocchi, uno dei 122 dipendenti Ims, uno fra i più attivi nel presidio - «soprattutto per noi che qui eravamo abituati a vedere la produzione attiva a ciclo continuo 24 ore su 24».

Anche chi non è un addetto ai lavori percepisce la cura e la ricercatezza dei macchinari, sia quelli per la pressa dei cd e dei dvd, in grado di "sfornare" 20 mila pezzi in una giornata, sia quelli per la parte grafica: «Sono il nostro vanto, sono il meglio a livello europeo» - riprende Maiocchi - «Possiamo stampare sia offset sia in modo serigrafico, senza contare il vantaggio di avere una cucina dei colori interna autonoma, che ci consente di realizzare qualsiasi tinta».

Il magazzino vuoto
Il vero tuffo al cuore si ha però quando si spalancano le porte del magazzino in via Bergamo: decine e decine di scaffali alti e lunghi svariati metri, del tutto vuoti.

«Qui, nonostante l'ottimo livello di automazione, c'era un viavai costante di merci, muletti, persone» - ricorda Luigi Maiocchi - «È davvero impressionante il vedere tutta la zona del prodotto finito vuota e quella delle scorte di materie prime ridotta al lumicino».

«Non lasceremo che tutto questo venga smembrato» - conclude Maiocchi - «Continueremo la nostra lotta e la prossima volta che entreremo in questi spazi sarà per riattivare la produzione».
                                                                                            Sara Giudici

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