Cinque giorni al Tonale con la scuola
Per guarire dalla smartphone mania

Niente smartphone al seguito. Niente social network con cui interagire. Ma nemmeno niente chiamate di mamma e papà. E, in genere, nessuna comunicazione con i genitori.

Sono stati cinque giorni di digiuno tecnologico, quelli vissuti da 45 ragazzi della scuola secondaria di primo grado di via Brambilla. Quasi un esperimento sociale, sia per i ragazzi che per i genitori, per un progetto di condivisione sulla neve vissuto insieme al Passo del Tonale.

È stata l’associazione di genitori Collaboriamo a proporre l’iniziativa. E a comunicare a casa con mamma e papà una volta al giorno, alla sera: qualche foto e una messaggio generale di massima via Internet, per dire che tutto procedeva bene.

Si guardano in faccia

«I ragazzi, senza il telefonino, si sono guardati in faccia», dice Kim Boldini, tra gli accompagnatori del gruppo.

Chi lavora nelle scuole lo sa. All’intervallo molti ragazzi nemmeno si parlano. Si messaggiano nei corridoi con WhatsApp. Guardano Facebook. Giocano in Rete. Basta andare al cinema a vedere un film con preadolescenti in sala, per capire quanto la tecnologia sia nel palmo della mano delle nuove generazioni. E osservare intere file, tra il primo e il secondo tempo, intente a guardare il display del cellulare.

Alla scuola di via Brambilla i genitori hanno deciso di proporre un progetto alternativo. Senza Internet tra le mani. «Nessuna imposizione: ne abbiamo parlato direttamente con i ragazzi - afferma la Boldini - Molti di loro, all’inizio, erano restii a voler lasciare lo smartphone a casa. Poi si sono dovuti ricredere».

I risultati? «I più piccoli, abituati di solito a convivere con lo smartphone, non sapevano come potesse essere bello vivere senza telefonini - prosegue la Boldini - Hanno fatto i compiti insieme, hanno ballato e cantato. Hanno guardato il paesaggio, hanno scritto le proprie emozioni su un quaderno. C’è stata molta solidarietà, qualcuno di loro si è conosciuto meglio. Ai genitori avevamo detto che volevamo lavorare con i ragazzi, per far sì che si guardassero in faccia. Di solito guardano il telefonino. Ma anche i genitori, che non potevano chiamare né mandare messaggi, alla fine ci hanno ringraziato».

Più voglia di studiare

Qualche ragazzo, riferisce la Boldini, al termine dei cinque giorni si è sentito anche più motivato a studiare. Tutti hanno conosciuto meglio il rispetto delle regole, non vissuto come una costrizione. Soddisfatta anche Ada De Santis, la dirigente scolastica dell’istituto comprensivo Como Lago - di cui fa parte la media di via Brambilla - ambito di riferimento di Collaboriamo. «Siamo più che d’accordo con l’iniziativa. Tutto questo è stato pensato con la finalità di favorire i rapporti e le relazioni tra i compagni - dice la dirigente - In questa fascia d’età, i ragazzi spesso mostrano difficoltà nell’avere una modalità corretta di relazione».

E in genere, per i casi più problematici, per lo smartphone si finisce già da giovanissimi dallo psicologo.n

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