Ghisallo, museo sempre in salita
«Servono nuovi soci e volontari»

La direttrice: «Eppure i visitatori continuano ad arrivare»

Un piano per rilanciare il Museo del ciclismo, che parta dal risanamento del debito pregresso e che possa portare nuovi soci e sostenitori (e quindi danaro fresco) all’interno della Fondazione.

In attesa dell’arrivo del Giro d’Italia donne, la cui tappa finale, il 13 luglio, sarà proprio al Ghisallo. Nel frattempo, porte aperte tutti i fine settimana, per non perdere quei visitatori che, nonostante le difficoltà in cui il museo si dibatte, continuano ad affluire numerosi.

C’è sempre grande curiosità per questo sito che raccoglie la storia del ciclismo, dai tempi eroici alla contemporaneità. «È vero - conferma Carola Gentilini, la direttrice - dall’inizio di maggio ad oggi abbiamo già registrato circa 500 accessi, molti dei quali da parte di stranieri. Sono gli anglosassoni in particolare a mostrare tanto interesse. Il primo visitatore di quest’anno arrivava dalla Sud Africa. Poi ne sono arrivati dall’Australia e dalla Nuova Zelanda. Ultimamente abbiamo avuto una comitiva da Londra».

Segnali incoraggianti, dunque, che lasciano ben sperare per il futuro. La realtà intanto sono le aperture limitate ai fine settimana, e solo grazie al contributo dei volontari.

«Ma questa sarà la normalità, perché il rilancio deve passare necessariamente dal taglio dei costi di gestione, e i volontari ci permetteranno di tenere aperto nei fine settimana, possibilmente anche di venerdì - dice ancora la direttrice - E poi stiamo pensando ad un utilizzo più ampio di questi locali, per tenervi conferenze, convegni, presentazioni di libri». Oltre al contenimento dei costi, la Fondazione è alle prese con problemi relativi alla sua stessa costituzione.

C’è da eleggere il presidente, carica vacante dopo la partenza di Angelo Zomegnan, e sono da rimpiazzare cinque consiglieri dimissionari (Mario Dagnoni, Domenico Macrì, Giulio Mauri, Costantino Ruggero e Gianni Torriani). «Vorremmo far entrare nuovi soci, che magari portassero soldi. Basterebbe anche una piccola cordata di imprenditori. Il problema è che tutti si dicono interessati, tutti fanno dichiarazioni a favore del museo, perché non chiuda. Ma al momento di stringere, nessuno si fa avanti. È un peccato, perché il museo è molto conosciuto, e offre una vetrina importante per aziende che operano in questo settore».

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