Gli studenti che fumano:
«Per noi non è un tabù»

Viaggio nella scuola alla ricerca di testimonianze dopo il caso al Gallio
Silvia: «Spesso è una reazione a un disagio». Marco: «La canna rilassa»

«Finché si non cade nell’eccesso la droga non è un male», dice la diciassettenne Silvia, liceale comasca, ottimi voti a scuola, lontana anni luce da ciò che è il "drogato" nell’immaginario collettivo. Anche perché «se indichiamo con il termine "drogato" tutti quei ragazzi che in vita loro si sono fumati una canna, quelli che si salvano sarebbero davvero pochi». Qualche giorno fa si è scritto e parlato molto di un ragazzo del Gallio che spacciava a scuola, certo un fatto grave, ma se genitori e insegnanti si stupiscono del fatto che i loro pargoli apparentemente insospettabili si concedono ogni tanto qualche foglia di marijuana è bene informarli sulla realtà dei fatti. «Vent’ anni fa e quando andavo a scuola io - osserva la professoressa Nava, docente al Volta - non esisteva il concetto di "provare una canna", tutte le droghe erano male, e coloro che si avventuravano per i loro sentieri non ne uscivano. Ora la situazione è cambiata, resto sorpresa quando vengo a sapere che i miei alunni considerano uno spinello di hashish o di marijuana al pari di un’ubriacatura». Le statistiche dicono che il 40% dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni ha già provato almeno una sostanza stupefacente, probabilmente ne esistono davvero pochi che non abbiano mai visto un pezzetto di hashish. Le cifre possono fare paura per coloro che sono ancora legati alla concezione del drogato anni ’70, senza capelli e senza denti, risucchiato nei vortici dell’eroina e della cocaina, e proprio su questa paura nasce la demonizzazione.

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