Immobili tolti alla mafia
Sono 16 tra Cantù e Mariano

Aumentano i casi di beni sottratti alle cosche

Case e box sono affidati ai Comuni

Soprattutto la ’ndrangheta, dalla Calabria, ha riciclato i propri proventi criminosi nella ricca Lombardia. Nel modo forse più semplice: gli immobili.

Ma, per alcuni di loro, di conclamato legame con la criminalità organizzata secondo la legge, il mattone come risorsa non è stato un gioco che ha retto a lungo. In Brianza c’è un piccolo tesoretto immobiliare confiscato alle mafie: in totale sedici unità immobiliari tra Cantù e Mariano, di cui ben quattro soltanto nella Città del Mobile. E, in gran parte, lo Stato ha deciso di destinare tutto ai Comuni.

C’è un elenco depositato all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, dove figurano anche diverse amministrazioni del territorio, coinvolte virtuosamente per l’usufrutto futuro, come spesso accade, degli immobili sequestrati. Per nulla meritevole, invece, il motore primo grazie al quale sono possibili i sequestri: l’esistenza della ’ndrangheta sul territorio. Radicata da anni, non semplice da smantellare.

Tuttavia lo Stato non è disposto a concedere terreno. A Cantù è noto il caso del magazzino di 440 metri quadri, al primo piano di uno stabile di via Cesare Cantù, appartenuto a Nicodemo Valenzisi, coinvolto a suo tempo nell’inchiesta “Fiori di San Vito”. Un magazzino del valore di 700milioni delle vecchie lire, entrato nelle disponibilità del Comune forse sotto la voce “altro”, nell’anonimo elenco dell’Agenzia. Servirebbero 150mila euro per la riqualificazione: soldi che il Comune non ha. Per ora il magazzino resta inutilizzabile. Per Cantù figura anche un appartamento in condominio, in teoria già nelle disponibilità del Comune. In gestione poi un altro appartamento e un box auto.

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