La Confcommercio ammette
«Sì, è vero. Il racket ci fa paura»

Fa discutere la relazione in parlamento del procuratore antimafia Boccassini

Il presidente Primavesi: «Non c’è omertà. Ma finora solo un barista ha denunciato»

Il racket invisibile, di cui è esempio quell’unica denuncia, arrivata negli ultimi anni, a Confcommercio Como.

Una presunta omertà che, per le associazioni di categoria, sarebbe soltanto paura di chiedere aiuto.

Anche per i legami indesiderati ma comunque complici, dovuti a un’illegale copertura finanziaria della criminalità.

Perché quando le banche chiudono i rubinetti della liquidità alle aziende, il rischio che la mafia arrivi ad attaccare cappello è concreto.

La declinazione esatta è ’ndrangheta. Stupisce il frastornante silenzio tra gli imprenditori. Le categorie di imprese in parte condividono le perplessità della Procura di Milano sull’argomento. In parte non si capacitano di come e quanto possa agire l’estorsione in provincia di Como.

Dopo la pubblicazione delle affermazioni dal pm Ilda Bocassini dinanzi alla commissione parlamentare antimafia, l’allarme della scarsità di denunce da un territorio in cui la criminalità che incendia e terrorizza esiste, l’invito, da tutti e per tutti, è di farsi avanti.

«Non chiamiamola omertà: penso che la parola più corretta sia paura - l’esordio di Gian Silvio Primavesi, presidente di Confcommercio Como - proviamoci a mettere nei panni di chi viene minacciato e si spaventa. Perché anziché correre dal prefetto, c’è chi si chiude in se stesso».

Di certo, una maggioranza. Perché c’è solo un unico caso di cui, in sostanza, è al corrente l’associazione di categoria. «Un barista si è rivolto a noi - afferma - ma poi è sembrato che la criminalità organizzata non c’entrasse». Ad ogni modo, per Primavesi, bisogna uscire alla scoperto: «Anche se c’è la paura di essere pedinati, bisogna vincere i timori. Bisogna aiutare le forze dell’ordine nello svolgere il loro compito».

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