La Rosa: «Poco da dire
Ma pagherò i miei errori»

Parla il ristoratore condannato per vilipendio, occultamento e distruzione del cadavere di Giacomo Brambilla.

«Gli errori, quando si commettono, si pagano». È la risposta di Emanuele La Rosa a chi gli chiede un commento sul suo affidamento ai servizi sociali, provvedimento che gli eviterà di scontare in carcere i residui due anni e 11 mesi di pena. Condanna inflittagli per vilipendio, distruzione e occultamento del cadavere di Giacomo Brambilla, ucciso dal genero Alberto Arrighi nel 2010.

«Vedete voi - aggiunge, rassegnato all’idea che della vicenda che lo riguarda si possa e si debba parlare ancora - ma preferirei che questa conversazione restasse tra me e lei». In realtà non è così facile, a maggior ragione dopo la decisione del tribunale di sorveglianza. Fu lui, del resto, a scrivere sul forno della pizzeria “La Conca d’Oro” di Senna, nel quale era stata introdotta la testa decapitata dal corpo di Giacomo Brambilla, il biglietto “sta cuocendo, non aprire”. Oggi La Rosa pensa soprattutto all’inevitabile ritorno sui media della sua immagine. «Non vedo quali motivi ci siano per scriverne ancora - dice - ma lasciamo perdere. Potremmo vederci anche per un caffè. Ma sono convinto che sia inutile parlarne ancora. Ho avuto troppe delusioni. Chiedo soltanto che questa storia finisca qui».

Ma non vuole riferire pubblicamente il suo punto di vista sulla vicenda? «Credo che non cambierebbe nulla - afferma -. La gente si è formata una sua opinione. Possono avercela con me, e io non posso criticare chi è contro di me. Oppure no». Ma i servizi sociali? «Gli errori, quando si commettono, si devono pagare e io ho cercato di chiarire - afferma - Però, per favore, se vogliamo rendere conto di quello che è giusto, andate a vedere quella che è realmente la convinzione dei giudici. La sentenza si attiene alla verità». La Rosa mormora qualcosa, non si comprende bene, a proposito di un “mea culpa”. Poi la telefonata termina.

Inutile richiamare per chiedergli lumi sulle rivendicazioni delle vittime, che lamentano di non avere mai ricevuto alcun risarcimento. «Per queste cose deve parlare con il mio legale».

Dal suo studio di Como non ha problemi a rispondere l’avvocato Giuseppe Sassi. «Per stabilire l’entità del risarcimento c’è in corso una causa civile - precisa il difensore di La Rosa -. Sarà poi il giudice a decidere se e quanto. La signora comunque ha tutto il diritto di chiedere». I familiari di Giacomo Brambilla chiedono a La Rosa la somma di 300mila euro.

Christian Galimberti

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