Lucini in trincea
Rischia la sfiducia
ma non si dimette

Cresce il malumore tra i consiglieri. Lui punta a un accordo su tre obiettivi per l’ultimo anno

Ai suoi ha ribadito anche ieri che non ha intenzione di mollare. Il sindaco Mario Lucini resta al suo posto, nonostante la bufera giudiziaria tocchi l’opera pubblica più importante della città - nonché l’obiettivo numero uno del mandato - e chiami pesantemente in causa il “suo” dirigente Pietro Gilardoni (l’ha voluto e sempre difeso). Sono giorni difficilissimi per il primo cittadino, sul piano personale ma anche su quello politico: l’Anac prima e la Procura poi hanno demolito la linea portata avanti per far ripartire i lavori sul lungolago, inoltre le pressioni per arrivare a una fine anticipata dell’esperienza a Palazzo Cernezzi non mancano. Tra i più critici ci sono alcuni consiglieri del Pd, ma non mancano i malumori all’interno di Paco-Sel (le posizioni sono variegate) e nella stessa giunta. Resta, al contempo, l’appoggio granitico del gruppo Como Civica e di una parte dei “dem” (quella che fa riferimento, per semplificare, a Luca Gaffuri e al segretario cittadino Stefano Fanetti).

Lucini dovrà convincere le forze politiche della possibilità di concludere il mandato senza ulteriori guai. Mercoledì è in programma un vertice tra i partiti che sostengono l’attuale giunta proprio per valutare le prospettive dell’azione amministrativa. Stando a quanto trapela, il tentativo di Lucini e dell’ala “morbida” del Pd è quello di trovare un accordo su tre-quattro obiettivi da realizzare entro la fine del mandato.

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