Omicidio di Gera a processo
«Alfredo non l’ho ucciso io»

Franco Cerfoglio, imputato di omicidio volontario, si difende davanti alla giuria popolare: «Nessun litigio tra di noi, solo dissapori tra ubriachi»

Corre veloce il processo in corte d’Assise a Como, dove Franco Cerfoglio si è presentato per rispondere dell’accusa di aver teso un agguato mortale, la sera del 3 gennaio scorso, ad Alfredo Sandrini, freddato con tre colpi calibro 22 mentre pedalava sulla ciclopedonabile tra Domaso e Gera Lario.

Nella prima giornata di processo sono già stati sentiti tutti i testimoni dell’accusa. E c’è stato anche il tempo per la difesa dello stesso imputato il quale, per un’ora, ha tentato di convincere i giudici della sua innocenza.

«Non sono stato io, io non ce l’avevo con Sandrini. Le botte con lui? Solo liti tra ubriachi, niente di serio» ha detto in aula. Senza però riuscire a convincere i presenti sui motivi reali per cui, a dispetto dei 25 contatti telefonici (tra chiamate ed sms) avuti la sera dell’omicidio con la vittima per potersi incontrare, alla fine i due non si siano visti.

Per l’accusa, in realtà, quell’incontro altro non era che una scusa per poter tendere l’agguato mortale. Per la difesa si tratta di una pura casualità, per quanto strana. Si torna in aula mercoledì con i testimoni della difesa. Non è escluso che la sentenza possa arrivare già la prossima settimana.

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