Omicidio sulla pista ciclabile
Cerfoglio tradito dalle telefonate

Gera, le motivazioni della sentenza di condanna per il delitto di Alfredo Sandrini. Le prove scientifiche «non determinanti». Decisive le 31 chiamate alla vittima

La stagione di Csi e della certezza della prova scientifica è definitivamente tramontata. Più delle tracce di polvere da sparo, infatti, poterono le contraddizioni dell’imputato e le carte di Ricola al Sambuco.

Sono contenuti in settanta pagine i motivi per i quali la Corte d’Assise di Como ha riconosciuto Franco Cerfoglio, 40 anni il prossimo giugno, pescatore di Gravedona, colpevole dell’omicidio di Alfredo Sandrini, ucciso in un agguato il 3 gennaio dello scorso anno sulla ciclabile tra Gera Lario e Domaso. A incastrare l’imputato alle sue colpe - che gli sono costate una condanna a 18 anni di reclusione - non sono state le tracce di polvere da sparo sul suo giubbotto, che pure avevano convinto la Procura e i carabinieri ad arrestarlo, bensì le sue contraddizioni, i suoi rapporti burrascosi con la vittima e soprattutto quelle 31 telefonate tra lui e il Sandrini il giorno dell’omicidio.

Secondo la corte è questa la prova principe a carico di Cerfoglio. La principale, ma non la sola. Perché Cerfoglio, è emerso dal processo, era l’unico ad avere un movente «costituito da una situazione complessa». Ovvero: «Per un verso un debito» causato da una fornitura di hascish «che non riusciva più ad estinguere» che «aveva determinato le pressanti richieste del Sandrini, poi sfociate in una vera e propria reazione violenta. Queste due componenti hanno determinato una situazione di umiliazione» da cui Cerfoglio è uscito imbracciando un fucile calibro 22 e sparando quattro colpi contro il rivale.

L’articolo completo su LA PROVINCIA di MARTEDÌ 20 gennaio 2015

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