«Scomparso da 6 anni: è stato ucciso»

La procura riapre le indagini su Salvatore Deiana. Cambia l’ipotesi di reato: fu omicidio volontario. Si sospetta che si sia trattato di un regolamento di conti. Lo avrebbero sepolto nella Bassa comasca

La Procura della Repubblica di Como ha improvvisamente riaperto le indagini sulla scomparsa di Salvatore Deiana, l’ex giovanotto “difficile” di cui le cronache iniziarono a occuparsi all’inizio degli anni Duemila in occasione di un goffo tentativo di sequestro di persona a Como, in via Grossi, e che dall’8 marzo del 2009, ultimo giorno in cui i suoi familiari lo videro da vivo, ha fatto perdere ogni traccia di sé.

La notizia - clamorosa, ancorché per certi versi attesa - è che Deiana morì ammazzato. I suoi killer lo assassinarono probabilmente qualche ora più tardi, nella notte successiva al giorno della sua scomparsa, a cavallo tra l’8 e il 9 marzo. Salvatore morì all’interno di un locale pubblico in qualche angolo della Provincia, salvo poi essere sepolto in una non meglio identificata della Bassa comasca, un luogo che gli inquirenti ritengono di avere già individuato.

Questo, a grandi linee, è quanto filtra dall’indagine della squadra mobile della questura di Como, impegnata - con il coordinamento del pm Massimo Astori - a scandagliare il sottobosco di una criminalità di provincia di piccolo e medio cabotaggio, composta da soggetti dal grilletto facile e dai trascorsi giudiziari spesso molto variegati. La morte, insomma, fu conseguenza di un regolamento di conti.

Oggi, a quasi sei anni dalla scomparsa di Salvatore, che tutti conoscevano con il soprannome di Chicco, la riapertura dell’indagine - sia pure con una ipotesi di reato senza appello - riaccende la speranza dei familiari, della mamma e della sorella, con le quali - almeno fino a oggi - il destino è stato davvero spietato. Dopo Salvatore, il 20 luglio del 2012, anche suo fratello Antonio scomparve nel nulla. Aveva 36 anni. Ai familiari disse che avrebbe dovuto uscire per incontrare certi suoi conoscenti calabresi. Inforcò la sua Kawasaki, lasciò a casa portafoglio e telefono cellulare e promise che sarebbe tornato «più tardi».

LEGGETE l’ampio servizio

su LA PROVINCIA di VENERDÌ 16 gennaio 2015

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