Truffa, Rinaldin fa appello
I giudici gli aumentano la pena

Accuse confermate, ma tre mesi in più per l’ex consigliere regionale . «Il clima al tribunale di Milano è ostile. Spero nella Cassazione»

«Speravo di togliermi definitivamente questa vicenda di dosso. Invece...». L’invece di Gianluca Rinaldin è una sentenza di appello che non solo conferma la condanna dei giudici di primo grado, ma rifatti i calcoli rifila all’ex consigliere regionale tre mesi di reclusione in più.

Due anni e nove mesi di carcere: questa la sentenza letta dalla quarta corte d’Appello di Milano, presieduta dal giudice Francesca Marcelli. In primo grado la pena era stata di due anni e mezzo.

Truffa e falso i reati per i quali Rinaldin è stato ritenuto colpevole. Eppure anche i giudici di secondo grado hanno assolto l’ex enfant prodige della scena politica lariana dalle contestazioni più gravi. Innanzitutto la corruzione, reato per il quale aveva patteggiato una pena l’ex assessore provinciale al Turismo Giorgio Bin. Ed era stato proprio quest’ultimo ad accusare Rinaldin, salvo poi ritrattare tutto.

Assoluzione confermata anche per la truffa aggravata, nell’ambito dell’inchiesta sulle spese gonfiate per i lavori di restauro del Lido di Menaggio. Rinaldin, secondo i giudici, non sapeva. E non ha partecipato al giro di fatture false per le quali avevano patteggiato, oltre a Bin, anche gli imprenditori Umberto Tagliaferri e Marco Folcio, il presidente dell’Associazione coordinamento turistico lago di Como, Alberto Sorrentino, e l’imprenditore Carlo Fossati.

E nonostante questo i giudici di secondo grado hanno aumentato la pena finale a Rinaldin. Due anni e nove mesi per la truffa legata a un rimborso spese da 28.644 euro, soldi che la Regione Lombardia ha versato al consigliere a copertura di quattro fatture relative ai costi per la comunicazione garantiti a chi siede in consiglio al Pirellone. Denaro arrivato mesi prima del pagamento di quelle fatture. Rinaldin ha sempre parlato di un errore formale.

Condanna anche per un falso che l’ex politico Pdl è accusato di aver commesso nel 2005, quando secondo i giudici ha omesso dalla certificazione sui finanziamenti relativi alla campagna elettorale alcuni contributi che, secondo i Tribunale , dovevano essere invece dichiarati.

«Sono basito - commenta, con la voce provata, Rinaldin - Sono assolutamente convinto della mia innocenza. Non c’è una persona in questo processo che mi accusi di qualcosa. Non capiamo come potranno motivare una sentenza così. Ora spero nella Cassazione. Lontano da Milano e da un clima ostile, che non aiuta una valutazione serena, confido che si possa prendere atto che le nostre tesi che sono oggettive. Voglio l’assoluzione».

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