Tasse, artigiani in rivolta
E lo Stato non paga i debiti

I piccoli imprednitori lanciano l'allarme: nell’ultimo semestre dell’anno scorso, il 30% era in sofferenza per i mancati pagamenti; nel primo semestre di quest’anno, è il 32%. Si rivolgono al governo e agli enti locali: lavorano e non sono pagati, costretti a tirar la giacca anche alle pubbliche amministrazioni che rinviano di mesi e di anni i mandati, ma affrontano ogni giorno i costi occulti della burocrazia e dell’inefficienza del sistema.

Il recupero dei crediti, e a maggior ragione in periodo di crisi, è il problema principale degli artigiani: nell’ultimo semestre dell’anno scorso, il 30% era in sofferenza per i mancati pagamenti; nel primo semestre di quest’anno, è il 32%. Si rivolgono al governo e agli enti locali: lavorano e non sono pagati, costretti a tirar la giacca anche alle pubbliche amministrazioni che rinviano di mesi e di anni i mandati, ma affrontano ogni giorno i costi occulti della burocrazia e dell’inefficienza del sistema; se passano alla cassa, è per versare tasse, imposte e contribuiti.

È un quadro frustrante quello uscito dal sondaggio voluto da Confartigianato Como, presentato ieri mattina dal presidente Cornelio Cetti e dal direttore, Giorgio Colombo, pressoché indifferenti all’ultimo provvedimento del governo, la riduzione di 20 punti percentuali dell’acconto Irpef di novembre: «Dovremo restituire il regalo di Natale del governo con l’uovo di Pasqua», ha ironizzato Cetti. Non vogliono regali, gli artigiani, vogliono riforme strutturali, a cominciare da quelle fiscali, dall’Irpef all’Irap, per non parlare degli studi di settore: hanno addirittura penalizzato gli artigiani in crisi, sottolinea il presidente. «Un 2009 che si chiude con apprensione: gli artigiani non licenziano i propri dipendenti, perché sono una risorsa, perché hanno trasmesso loro il mestiere, perché altrimenti sarebbero destinati a chiudere - è la sintesi del presidente - gli artigiani stanno dando fondo alle proprie risorse, ma sarebbe opportuno che tutti partecipassero all’emergenza». E sono emergenze reali, spiega Colombo: «A cominciare dalle tre esigenze acute: credito, innovazione, internazionalizzazione», ha detto e c’è un termometro che segna il bisogno di risposte «qui e adesso», l’aumento degli iscritti a Confartigianato, con un saldo positivo di 170 e l’affollamento crescente degli uffici, per chiedere informazioni e servizi. Non da ultimo fra gli indicatori, le 200 risposte al questionario on line di Confartigianato Como sulla crisi. Tra il secondo semestre 2008 e i primi sei mesi 2009, solo l’1% è stato costretto a licenziare. Se il 12% l’anno scorso, ha investito, quest’anno solo il 9%. Il ricorso alla cassa integrazione è salito dal 2% al 4%; la riduzione della produzione, dal 19% al 21%; difficoltà nel credito: dal 15 al 16%, ma 12 su cento dichiarano: «Ho affrontato le difficoltà e le sto risolvendo». Era il 10% l’anno scorso. Questi ultimi mesi sono in peggioramento per il 28% e in sostanziale miglioramento per il 5%, in lieve miglioramento per 1 su 3. Secondo il sondaggio, Camera di Commercio e governo hanno fatto di più che Comune e Provincia. Ed è proprio alla Provincia e ai Comuni comaschi che Confartigianato Como si rivolge «contro la crisi, a favore delle piccole imprese», a cominciare da quelle del settore legno-arredo che «dopo una faticosa resistenza, hanno ceduto». Crollo verticale del fatturato, comparto lusso in stand by, portafoglio ordini da grandi firme a brevissimo termine, propensione agli investimenti calata al di sotto del minimo storico, riemerge il problema della manodopera qualificata, capace di eseguire lavori persi nel ricambio generazionale, ma soffrono anche le imprese ad innovazione spinta. Il tessile ha respirato ad ottobre; a novembre è ancora soffocato; il metalmeccanico si confronta con un «mercato incomprensibile». Le richieste: sgravio dell’Ici e delle tasse sui rifiuti troppo onerose, riduzione dell’addizionale provinciale sull’energia elettrica da 11,4 euro a 9,3 euro per 1.000 kw; interventi presso il sistema bancario per ridurre i costi di gestione e sostegno ai consorzi fidi e, in particolare, è sollecitata la Camera di Commercio ad ampliare i contributi per consentire anche agli artigiani di operare con più tranquillità. Infine, le pubbliche amministrazioni «paghino al massimo in 120 giorni» gli artigiani. La conclusione: «Le nostre aziende non ce la fanno più. Resistono, ma con l’aiuto del sistema politico».

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