Enoteca Catering
verso la chiusura
«Ricavi crollati»

L’azienda di Figino Serenza occupa venti persone. «Fatturato a settembre sotto del 78%, pochi sostegni alle imprese»

Ogni anno un bilancio con un segno più: anche il 2020 era iniziato splendidamente. Poi tutto azzerato. Per Enoteca Catering, società da 30 anni leader nel mercato, è un momento drammatico. Tanto che Fulvio Luppi non nasconde la prospettiva peggiore: «Se non cambia niente, potremmo chiudere il 31 dicembre».

Il che significa oltre 20 persone a casa per sempre e l’amarezza di coloro che hanno l’orgoglio di aver creato un fiore all’occhiello nel settore del catering. Un punto di riferimento anche per i big del Salone del Mobile di Milano e con la capacità di lavorare all’estero, a partire dalla Germania. Una squadra, che da otto mesi non sa come scendere in campo.

In queste settimane si prenderà la decisione definitiva. Enoteca Catering da un servizio catering complementare alla ristorazione tradizionale, si è radicata sempre più agli eventi, alle aziende, alle fiere. Anche i matrimoni – in aumento sul lago di Como – erano diventati preziosi. La sua è stata una crescita continua, fino ai primi due mesi di quest’anno.

«Gennaio e febbraio – ricorda Luppi – erano stati strepitosi Gli anni prima, si sono sempre chiusi con un più. Adesso, se guardiamo a settembre siamo a -78% di fatturato. Avevamo chiesto l’erogazione del 30mila euro a fondo perduto, sì». Ma questi sono servite a ripianare le perdite, anche in considerazione di un fatto. Si è voluto infatti far pesare meno possibile, quando è scoppiata l’emergenza, la situazione ai dipendenti: «Non abbiamo attinto alla cassa – spiega ancora Luppi – ma ai nostri mezzi. Poi gli ammortizzatori sociali, sì ma intanto maturano tredicesima, quattordicesima, ferie e questo è carico dell’azienda. Arrivando poi alle tasse. Adesso dobbiamo pagare la Tari, al cento per cento». Anche se non si è lavorato, non si sono prodotti rifiuti.

«Non c’è sostegno reale alle aziende – commenta - E poi la cassa, è stata pagata in ritardo, con tutti i disagi ai nostri dipendenti, a 20 famiglie. Il punto è che noi non siamo indispensabili, in questo momento, dopo aver subito la chiusura forzosa generalizzata».

Il decreto con gli indennizzi promessi dal premier Conte potrebbe convincere ad andare avanti? Dagli annunci si vorrebbe concretezza, e in fretta. Ma non solo: «Ci vogliono altri presupposti, come l’azzeramento dei contributi, delle scadenze fiscali finché non si torna a produrre. Noi abbiamo provato a guardare al futuro, alla primavera 2021 in cui potrebbero tornare le fiere. Ma marginalità e fatturato sono più contenuti, si rischierà una guerra tra i poveri. Il 31 dicembre per noi è una data limite, poi vedremo».

Anche perché c’è un ulteriore spettro: quello di mangiarsi i risparmi, già aggrediti da questa crisi. «Abbiamo messo in azienda risorse personali – sottolinea Fulvio Luppi –Non posso andare in banca a chiedere un finanziamento, appesantendo gli oneri finanziari, senza una ragionevole certezza di una ripresa. Con i clienti cerchiamo di mantenere un rapporto, ci sono fiere programmate in Germania ad esempio. Ma in caso di annullamento, te lo possono dire anche una settimana prima, senza penali. Ripeto, c’è bisogno di un sostegno concreto». Magari arriva un lavoro, ma basta una dichiarazione in tv e piove la disdetta.

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