L’anima della Design Week:
tappeto volante di creatività

Fuorisalone Nina Yashar ha fondato Nilufar Gallery, uno dei poli di attrazione degli eventi che si svolgono a Milano, al di fuori del Salone del Mobile

Se i nomi di Bethan Laura Wood e di Martino Gamper vi dicono qualcosa, allora conoscete già un po’ Nina Yashar, l’anima di Nilufar, spazio che - a Milano - fa tendenza, sia per quanto riguarda i nuovi talenti del design, sia per l’impronta culturale. Collezionista di Lina Bo Bardi e Gio Ponti, Yashar lascia Teheran a soli sei anni, per seguire il padre, commerciante di tappeti, che porta attività e famiglia a Milano. Nel ’79, giovanissima, apre la sua galleria in via Bigli, inizialmente di soli tappeti, provenienti dalla Svezia come da New York. E poi arrivano mobili, oggetti di arredo, di designer emergenti: così, nel tempo, Nilufar prima e il Depot poi, diventano hub di creatività. Il suo motto: «Voglio che la gente mi segua. Non voglio essere io a inseguire gli altri». Abbiamo intervistato Yashar per l’inserto dedicato al Salone del Mobile, pubblicato il 14 aprile da La Provincia.

Dal 1979 ad oggi lei ha raccontato storie di designer, attraverso le proposte di Nilufar. Può aiutarci a capire quali idee hanno espresso le maggiori svolte?

In diversi modi tutte le idee producono cambiamenti ed evoluzioni, anche se non subito o se meno facili da riconoscere. Mi sono sempre posta l’obiettivo di collaborare con chi riesce ad esprimere al meglio la visione del presente, e in parte anche quella del futuro. Nel percorso della galleria abbiamo visto e creato tanti percorsi e tante visioni, che ancora oggi mi comunicano diversi strati di contemporaneità.

Il mondo tessile (tappeti) è all’origine delle prime mostre della Galleria. Oggi si assiste a un forte rilancio dei tessuti per interni: tappeti, ma anche walltextile, componenti d’arredo. Cosa significa, sul piano concettuale, a suo giudizio?

È interessante perché da un punto di vista estetico stiamo assistendo a mode, tanto presenti quando opposte: il massimalismo e il minimalismo, chi toglie, e chi aggiunge. I tessuti hanno il potere di definire gli spazi e creare diverse atmosfere negli ambienti, più di altri elementi di arredo. Si tratta di coperture, e quindi in un certo senso un intervento meno definitivo ma capace comunque di donare un aspetto nuovo.

Per decenni lei ha scoperto nuovi designer. Quali le stanno più a cuore, perché?

È un po’ come chiedere ad un genitore se ha dei figli preferiti. Mi stanno tutti a cuore, per diverse ragioni; con alcuni di loro ho condiviso un viaggio molto lungo, con altri abbiamo fatto esperienze tanto pazze quanto importanti. Ricordo tutti vividamente, sono stati tasselli nella costruzione di Nilufar, nonché cari amici.

Nel 2018 la mostra su Lina Bo Bardi ha segnato un ulteriore passo avanti delle iniziative della galleria, con il rilancio della memoria di una protagonista del design. Non le sembra che oggi i designer stiano perdendo le radici del grande passato del Made in Italy?

No, anzi sto vedendo delle evoluzioni interessanti nella ricerca di nuovi materiali, nuove tecniche di produzione caratterizzate da un forte rispetto per quella che è la tradizione del Made in Italy. Le provocazioni, le ribellioni e il completo distacco dal passato sono comunque espressioni di storia, di una comprensione più o meno profonda di quanto è stato già fatto. Sarei in parte anche felice se queste radici si perdessero, è parte di un processo di cambiamento.

Lei è di origine iraniana. In questo momento, che cosa possono fare il design, l’arte e una galleria per una forma di resistenza contro i totalitarismi?

Il design, l’arte e la creatività in generale hanno la capacità e il potere di dare voce a visioni, persone, idee. È importante ora, più che mai, continuare questo costante dialogo artistico, donandogli spazio e visibilità e interloquendo con quante più voci possibile.

Come sarà il Fuorisalone di Nilufar?

Esplosivo.

Non ha la sensazione che negli ultimi anni la Design Week faccia da traino, almeno sul piano degli eventi, al Salone?

Sicuramente. La Design Week è diventato un evento culturale a cui tutti possono partecipare e che ha permeato l’intera città, spingendo i diversi protagonisti a concepire eventi e installazioni sempre più coinvolgenti. È il momento dell’anno in cui Milano dà il meglio di sé, in cui veramente parla, scambia e condivide con il resto del mondo. La Design Week mostra il design nelle sue molteplici forme, cambiando la percezione che ne abbiamo e invitandoci a capire che è proprio il design a dettare molto di quello che esperiamo nella vita di tutti i giorni, al di là del complemento di arredo.

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