Non solo big: la Cina adora
gli artigiani comaschi

Crescono le partnership nella tecnologia, ma anche nella tradizione. Come dimostra una recente missione camerale

La Cina cerca i grandi partner, ma cercano anche i piccoli. Lo dimostra anche il successo di una recente missione camerale a Shanghai. Dove ci sono artigiani che hanno già anche prenotato metà fatturato.

Così i media nazionali celebrano il business Cina. Quello che ha attirato l’attenzione su Como per prodotti altamente tecnologici. Ha fatto eco in questa primavera la fioritura dell’accordo Cina-Pirelli. Ma in terra lariana si era già consumata un’altra intesa importante, tra Michelin e Jihua. Non solo: si puntava anche sul tessile.«La vostra eccellenza ci piace, collaborate»: così parlavano Liu Ming Zhong della Xin Xing Cathay International e Li Xue Cheng, general manager di Jihua Group, dopo l’acquisto della tessitura Majocchi e l’apertura della sede di Tavernerio.

In quest’ultima località si porta avanti la sfida di un ingegnere comasco, Ambrogio Merlo. Che con il quartier generale lombardo e l’altra sede, a Verona, mira ad assicurarsi fino al 10% del mercato globale, oltre 35 milioni di paia. Progetto passato anche da ComoNext. E si va avanti.

I piccoli però stanno raccogliendo, come è emerso nella missione di Shanghai, guidata da Enrico Benati (Cna) e Salvatore Amura (Accademia Galli).

Non nasconde la soddisfazione Francesco Colombo della “Luisinett”, fondata dallo zio Luigi Frigerio: «La più antica bottega di Cantù. E dal 2003 produciamo quasi esclusivamente per la Cina». Luigi, 80 anni, ha aperto per primo agli stranieri, come gli arabi che lo chiamavano già maestro. Francesco - cresciuto al suo fianco in bottega - ha guardato a Pechino: «Per le piccole realtà è più difficile, affrontare un mercato enorme. Dico ai miei colleghi: non chiudiamoci nelle botteghe e lavoriamo insieme. Mai paura».

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