«Ratti cresce ancora
sull’esempio di Antonio»

Family Day con la partecipazione di oltre 1.600 persone ieri a Guanzate nel ricordo del cavaliere nato 100 anni fa

Il coraggio di credere nel futuro e di saper cambiare, sempre, senza tradire la propria identità. L’aveva il cavalier Antonio Ratti e ieri alle porte aperte dell’azienda da lui fondata 70 anni fa si respiravano l’orgoglio e le speranze.

Più di 1.600 persone si sono presentate al Family Day: generazioni di dipendenti che hanno reso omaggio alla ditta in cui hanno lavorato o ancora lavorano.

«Lui sorriderebbe oggi». Donatella Ratti, presidente dell’azienda che ieri ha aperto le porte ai suoi lavoratori, alle loro (e quindi le sue) famiglie, parla sul palco nel primo pomeriggio, con lo sguardo che corre a tutte le persone radunate sul prato a Guanzate.

A settant’anni dalla fondazione dell’impresa leader del tessile (le cui sorti da più di quattro anni sono unite al gruppo Marzotto) qui è passato un mondo di talenti, di speranze, di fiducia. Fiducia in un uomo, il cavalier Antonio Ratti del quale tra pochi giorni si celebrerà il centenario della nascita. E in un’impresa che pur crescendo ha saputo mantenere quello spirito.

Lo raccontano i risultati, le testimonianze raccolte ieri tra la gente, i discorsi della stessa Donatella e dell’amministratore delegato Sergio Tamborini. Una giornata di gioia, in cui incontrarsi con lo stesso spirito con cui si condivide o si condivideva (per chi è in pensione e si è comunque presentato puntuale in un luogo tanto importante nella sua vita) il lavoro.

«Siamo il più grande gruppo tessile italiano» ha affermato con orgoglio Donatella Ratti, che ha puntato con decisione su due aspetti chiave, la qualità e l’innovazione. «La scelta dell’unione con Marzotto - ha proseguito - ci ha dato gli strumenti per affrontare il mondo globale senza per questa ragione perdere in identità». Di qui la fierezza di essere il progetto di riferimento nel Distretto di Como, e questo grazie anche alle migliori tecnologie tessili «e alle competenze di Sergio Tamborini».

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