Tessile a Milano Unica, volano i ricavi. «Ma pesa l’incognita dei margini»

Negli stand Preoccupazione sul boom dei costi, coperto solo in parte dal ritocco dei listini. Paolo Uliassi (Achille Pinto): «L’unica via è puntare sull’efficienza attraverso l’innovazione»

Archiviato il duro colpo del 2020 ( -29,7%) il tessile ha già cambiato passo nel corso del 2021 per crescere al di sopra delle attese nel primo semestre del 2022, trascinato dalle vendite estere.

C’è però un tema critico che anima i corridoi di Milano Unica, il salone italiano dei tessuti dell’alto di gamma che oggi chiude i battenti a Rho Fiera. Il pieno di ordini non incrementa la redditività erosa dagli esorbitanti incrementi dei costi delle materie prime e dell’energia.

I risultati

Le aziende comasche presenti al salone milanese si chiedono cosa fare per tutelare la tenuta dei conti. «Volumi e fatturati sono tornati come quelli di una volta, addirittura oltre i valori pre-covid, ma pesa l’incognita della marginalità - dichiara Paolo Uliassi, a capo dell’Achille Pinto con i fratelli Matteo e Lisa - per proteggersi ci sono poche strade: scaricare gli aumenti sui clienti, mossa difficile da giocare e alquanto rischiosa, o continuare a lavorare con magri risultati. La terza via è quella di ridurre i costi di produzione puntando sull’innovazione, il nostro Gruppo si è mosso in questa direzione investendo in macchinari di ultima generazione più performanti».

Sulla stessa lunghezza d’onda Michele Viganò delle Seterie Argenti. “Prima di tutto vorrei precisare che l’incremento di volumi ha interessato il lusso e la grande distribuzione mentre dobbiamo ancora recuperare la fascia media, tuttora in sofferenza. Fatta questa premessa, il sistema a valle deve accettare gli aumenti se vuole preservare, a monte, la rete di fornitori. Come Seterie Argenti abbiamo deciso di servire solo chi ci riconosce la dovuta marginalità per non impattare gravemente la gestione aziendale».

La difficoltà a salvaguardare i ricavi preoccupa anche Alessandro Tessuto, presidente della Clerici Tessuto, storica azienda leader del distretto che ha appena festeggiato 100 anni di attività.

«Dallo scorso dicembre abbiamo già ritoccato già tre volte i prezzi, facendoci riconosce circa il 20% in più, che però non basta a coprire i costi energetici lievitati oltre misura. Le aziende legate alla trasformazione sono riconosciute tra le più energivore: nel nostro caso, la bolletta del gas della stamperia Sara Ink è schizzata da 400mila euro a 1milione e 200 mila euro, e non è solo questa la spina principale, ci sono molte altre incognite all’orizzonte».

Spessa prospettiva per Mauro Canclini, direttore creativo di Canclini. «Anche nella camiceria c’è stata una ripartenza sprint, ma solo con i volumi non si riescono ad ammortizzare le spese. Il cotone, ad esempio, è aumentato del 30% e far accettare questo ed altri rincari è una battaglia, spesso persa. Tant’è che siamo costretti a rifiutare ordini che non portano margini».

Ribadisce Virginia Filippi, ad del Gruppo Canepa. «La gestione della marginalità certamente è la questione più critica in cui ci troviamo come congiuntura nell’intera filiera tessile.Il forte incremento delle materie prime e anche delle lavorazioni genera una fortissima pressione sulle aziende come la nostra che opera in ambito b2b anche perché non c’è un’immediatezza e una disponibilità da parte dei clienti di poter assorbire e riversare questi incrementi di costo incomprimibili sul prezzo di vendita».

Doppia sfida

«Possiamo lavorare su due elementi di efficienza - aggiunge - per quanto riguarda le lavorazioni interne, che però impattano molto relativamente sul totale del costo del prodotto, e sull’energia dove noi, facendo già delle scelte antesignane e lungimiranti, ci siamo resi praticamente autonomi dal punto di vista energetico grazie al nostro forte investimento su impianti fotovoltaici di energie rinnovali, che oltre ad avere un impatto Green, riescono anche ad abbassare l’impatto del costo delle energie.Nel medio termine sarà inevitabile che i nostri clienti accolgano tali incrementi di prezzo di vendita, pena la compromissione di altri investimenti da parte di aziende fornitrici quali la nostra, come quelle sul capitale umano, l’innovazione e la ricerca, che sono invece fondamentali per i clienti con i quali noi collaboriamo».

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