Vino allungato con l’acqua
Produttori della Valtellina
in guerra contro l’Europa

In Valtellina un coro di voci critiche rispetto all’avvio del progetto a livello comunitario «Così si cancellano decenni di impegno sulla qualità»

È concreta la possibilità che l’Unione europea possa, dal 2023, con la prossima Pac, la Politica agricola comune aprire ai vini dealcolizzati comprendendo anche le Dop e le Igp.

Le trattative sono in corso ma il Comitato speciale agricoltura che riunisce i ministeri degli Stati membri Ue ha già in mano l’accordo siglato il 26 marzo che apre alla pratica di eliminazione parziale o totale dell’alcol nel vino da tavola «con eliminazione solo parziale nelle Dop e Igp».

I riflessi sul mercato

Prevista anche l’aggiunta di acqua per mantenere il volume iniziale di liquido che si perde con il processo per togliere l’alcol «e non perdere prodotto». Obiettivo, creare nuove bibite, come la birra analcolica ed entrare nei mercati che hanno preclusioni verso l’alcol. I viticoltori valtellinesi che lavorano da decenni per dare ancora maggiore corpo e identità a bottiglie che hanno dentro la forza e la tenacia dei terrazzamenti spalancano gli occhi e fanno no con il capo.

Luca Balgera agricoltore, viticoltore e vicepresidente Coldiretti Sondrio lo dice subito, «Aggiungere acqua al vino non si è mai sentito – chiarisce – mi sembra improbabile». Precisa anche subito come si tratti di un discorso di mercati.

«I vini più alcolici vengono consumati in minore quantità e, con i cambiamenti climatici negli ultimi anni abbiamo un po’ dovunque maturazioni più complete e anche con un tenore zuccherino molto più alto. Condizioni che si rispecchiano in un vino più alcolico. Ma aggiungere acqua per diminuire il tenore zuccherino è una cosa che non sta in piedi, perché in questo modo si diluiscono tutte le sostanze del vino».

Una operazione, spiega, che produrrebbe del vino annacquato. «A livello teorico – dice anche - potrebbe andar bene per i vini da brick ma ci sono comunque altre vie che vanno a togliere solo la frazione alcolica con passaggi agronomici che potrebbero essere presi in considerazione. Ad esempio lavorare per una maggiore produzione a ettaro così da andare a diminuire i tenori zuccherini, la quantità di zucchero. Per noi, però si parlerebbe di 40, 50 anni di lavoro vitivinicolo teso a migliorare qualità e definizione dei nostri prodotti, che andrebbero cancellati. Per le Dop e Igp – conclude – penso che siano solo sparate».

Stupisce Davide Fasolini, viticoltore “bio” e enologo laureato. «Posso solo dire che senza alcol non può essere chiamato vino. Il vino ha una storia, delle caratteristiche, dei tecnicismi che lo portano per natura ad avere alcol. Ed è alcol naturale, prodotto nel processo di trasformazione dell’uva. Senza l’azione dei lieviti presenti in natura che va a trasformare naturalmente il mosto, senza l’azione dell’ossigeno e dei batteri non ci sarebbe vino, e senza la mano dell’uomo che regola questo percorso tutto diventerebbe aceto. Il vino è storia ed è una storia millenaria che racconta dal passato, nel presente e nel futuro del rapporto tra la natura e l’uomo».

«Burocratici nelle metropoli»

Inserisce elementi di critica Alberto Marsetti, viticoltore ed ex presidente Coldiretti. «Il problema sempre più chiaro – afferma – è che i vertici comunitari mostrano sempre più spesso di non avere una cultura alimentare. Sono burocrati che vivono nelle città metropolitane, lontani dai territori e dalla cultura e civiltà locale. Si pensa che con questo tipo di sapere accademico che viene avanti si possa guidare il mondo e invece si finisce a guastarlo, su questo, su questi fenomeni, su cosa in conseguenza di questo stiamo diventando dovremmo porci domande molto profonde»..

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