Erba, il teste chiave è uno spacciatore. All’epoca della strage era pure in cella

Richiesta di revisione La difesa punta su un tunisino complice di Azouz nello spaccio di droga. Ai legali dei Romano ha detto: la droga custodita in via Diaz. Ma lui era in carcere da giugno

Uno è un ex carabiniere cacciato dall’Arma dopo una doppia condanna per concussione e circonvenzione d’incapace. L’altro uno spacciatore che in Italia ha probabilmente trascorso più tempo in cella che libero e che sostiene di avere cose importanti da dire sulla strage di Erba, anche se a quel tempo era detenuto (arrestato ben sei mesi prima della mattanza di via Diaz) proprio per colpa della droga.

Consulenti tecnici e giornalisti delle Iene a parte, sono questi i due principali testimoni che, secondo i difensori di Rosa Bazzi e Olindo Romano, dovrebbero fornire le famose “nuove prove” per riaprire il caso e ribaltare la condanna all’ergastolo dei due vicini di casa di Raffaella Castagna.

I due teste chiave

Di Giovanni Tartaglia, ex maresciallo dei carabinieri finito in carcere - dove ha potuto conoscere Olindo Romano - per dei reati compiuti con la divisa addosso, avevamo già scritto nei giorni scorsi. Ma nell’elenco delle persone che la richiesta di revisione vuole far sentire a tutti i costi ai giudici della Corte d’Appello di Brescia, troviamo anche Abdi Kais Ben Houcine, 42 anni tunisino, uno dei nove nordafricani arrestati con Azouz Marzouk pochi mesi dopo la strage di via Diaz per spaccio di droga.

In buona sostanza, il nuovo testimone dovrebbe venire a raccontare che il gruppo di Azouz nascondeva la droga in «vari luoghi, tra cui il condominio di Erba e anche in un bosco vicino a Merone, ma (...) avevamo notato che dal bosco sparivano dei quantitativi di cocaina perché ci seguivano e la rubavano. Inizialmente abbiamo spostato la base di custodia alla scuola, ma alla fine solo ad Erba, nel condominio, in via Diaz. All’interno del condominio c’erano delle piante e la nascondevamo lì, oltre a effettuare delle consegne ogni qualvolta il cancello fosse aperto. I guadagni venivano invece custoditi in casa di Raffaella».

Attendibile?

Secondo la difesa dei coniugi Romano, Abdi Kais sarebbe un teste importante per sponsorizzare la pista della vendetta nel mondo della droga, quale movente della strage, anche perché in effetti il tunisino risultava residente in via Diaz. Nell’atto di richiesta di revisione, però, ci si dimentica di ricordare due fatti non di poco conto. Il primo: Kais era in carcere all’epoca della strage. E in cella c’era finito addirittura da giugno 2006. Di più. Kais non ha potuto vedere, parlare o “lavorare” con Azouz per due anni, di fatto: perché Marzouk è stato in carcere dall’aprile 2005 all’agosto 2006, ed è uscito quando il “socio in affari” era già tornato dentro.

Il secondo: nel sottolineare la residenza formale di Kais in via Diaz 25 a Erba, ovvero a casa di Raffaella e di Azouz, in realtà ci si dimentica quanto emerso nell’indagine partita quasi in contemporanea con la strage. Ovvero che più di un acquirente indicava in un’abitazione sopra il Blockbuster (che ora non c’è più) di Erba la casa di Kais e che la Finanza nei suoi atti scriveva che mai il tunisino ha realmente abitato in via Diaz.

Infine, in nessuno degli atti di quell’indagine sullo spaccio di droga, che a detta delle tesi innocentiste sarebbe il vero movente della strage, emerge la corte di via Diaz come luogo di spaccio o di “stoccaggio dello stupefacente”, ma - anzi - che l’epicentro dell’attività erano le case di Merone dei cugini di Azouz Marzouk.

Insomma, volendo sintetizzare: dalle parole di uno spacciatore pluricondannato in Italia, dovrebbe emergere la prova che i carabinieri e la magistratura avrebbero truccato indizi, creato ad arte macchie di sangue, “estorto” confessioni a indagati suggestionabili e inculcato falsi ricordi in un testimone.

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