Cucciago chiede al cardinale
di riavere le spoglie del Santo

Domenica la messa con l'arcivescovo Tettamanzi per il millenario di Sant'Arialdo: i resti sono custoditi in Duomo, ma il parroco ha chiesto a nome dei fedeli di poterli riavere nel paese natale. Il cardinale è sembrato possibilista

CUCCIAGO La richiesta, inoltrata al cardinale Dionigi Tettamanzi, arriva a sorpresa dal prevosto don Validio Fracasso. E interpreta la volontà dei fedeli presenti alla messa pontificale, tra le navate della chiesa parrocchiale. «Sant'Arialdo, nel Duomo di Milano, è nascosto alla venerazione – ha sottolineato don Fracasso al termine della liturgia, celebrata per l'arrivo in paese dei resti del santo patrono, di cui si festeggia il millenario – neppure gli addetti ai lavori sanno dire con esattezza dove si trovano le sue spoglie. Non potrebbe restare qui per sempre, nella chiesa che fece costruire? Le saremmo grati, se volesse realizzare questo affascinante desiderio».
La risposta dell'arcivescovo di Milano sulla possibile traslazione del santo, non preclude nulla. Anzi. «Sentito questo desiderio, pregate il Signore perché vi illumini su quando e come possa essere realizzato. Vedo e sento che si tratta di un desiderio vivissimo», la notazione finale del cardinale, con una punta di emozione nella voce.
Tutti hanno inneggiato alla proposta con un triplice, caloroso applauso. I cucciaghesi sono legatissimi alla figura di Arialdo. Domenica, per il paese, è stata un'indimenticabile giornata di fede e storia. Incensata e benedetta dalla Diocesi di Milano con la presenza del cardinale. Per la prima volta, i resti di Sant'Arialdo – nella teca, riposa insieme a Sant'Erlembaldo, suo fedele difensore – si trovano nel paese natio. Di sicuro, resteranno nella chiesa dei santi Gervaso e Protaso fino al 2 agosto. E' l'apice delle celebrazioni per il millenario della nascita del diacono e fondatore della pataria. Arialdo nacque in Corte Castello attorno al 1010. Si oppose alla coeva dissolutezza del clero simoniaco e concubino. E morì da eretico, dopo orrende mutilazioni, il 27 giugno del 1066. Sabato – l'altroieri – a poche ore dall'arrivo delle sue spoglie, la processione da Corte Castello. Con la teca adagiata su un carro, trainato da un cavallo. Le quattrocento persone presenti sono ritornate ieri mattina nella chiesa dove è stato lasciato il patrono. Ancora più affollata per il rito pontificale straordinario.

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